Israele e Palestina, c’è un luogo dove tutto è possibile, anche la pace

Hanno cantato “Imagine” l’una al fianco dell’altra, due facce della stessa medaglia, due lati apparentemente inconciliabili di una vicenda che ha stravolto le vite di migliaia di persone, eppure insieme sono riuscite a lanciare un messaggio potentissimo. Sto parlando della cantante isrealiana Noa e dell’artista palestinese Mira Awad, che nella seconda serata del Festival di Sanremo si sono prese per mano usando le parole di John Lennon.

In molti ci hanno visto una dicotomia, una stortura, una ballata da palcoscenico senza alcun senso. Io ci ho visto poesia. Quella della speranza, dell’intenzione, che non è purtroppo ancora la realtà di oggi, che ben documenta la cronaca, ma che potrebbe diventare quella di domani. Noa e Mira hanno voluto immaginare la realtà che vorrebbero vedere, e l’immaginazione è il primo passo verso la creazione, per gli artisti e non solo.

Guai a slegare il desiderio, il pensiero spinto dall’anima, dalle nostre azioni, è lì che si finisce per smettere di immaginare, pensando di illudersi, e si abbandonano cuore e anima indossando armature per scendere in battaglia. E’ in quel preciso istante che la forza interiore dell’essere umano viene meno, lasciandosi influenzare da chi sembra avere la voce più forte, e che spinge a contrastare l’altro, il diverso, a pretendere rivalse sui torti subiti, a recriminare spazi.

No, di certo una canzone, una lunga lettera d’amore universale come “Imagine”, non spegnerà il fuoco della lotta a Gaza, non avrà il potere di spezzare il peso degli interessi che pendono su questa atroce guerra, ma ci riporta al singolo, che sceglie di fare la differenza dando la mano al suo presunto nemico perché ha scelto di non vedere come tale.

C’è un luogo dove tutto è possibile, anche la pace, ed è dentro ciascuno di noi.

E’ un buon punto di partenza.

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