Donne, diritti, parole e basta mimose l’8 marzo

8 marzo, festa della donna, ma il nostro essere donne ancora oggi non viene compreso e accettato. Non voglio dare dati, tutti sappiamo bene quanto sia vasto il numero di coloro che subiscono violenza domestica, stalking, e minacce di morte, ogni giorno, fin quando qualcuna, troppe, muore per davvero, per mano di un uomo che, incapace di concepire a la donna come è oggi, non accetta che sia libera. E la libertà è tutto.

 

Essere donna significa molte cose. Dentro ognuna di noi è tutto estremamente chiaro. Sappiamo quanta forza abbiamo, quanta energia, quanta resilienza, quante qualità che abbiamo dovuto sviluppare per sopravvivere nei secoli.

Là fuori è tutto diverso, perché là fuori molte di queste caratteristiche vengono date per scontate, altre sono ritenute scomode, fuori luogo, persino minacciose. È per questa ragione che spesso non ci viene concesso di essere ciò che siamo.

Partiamo dall’involucro, quello che all’esterno viene percepito come tale, ma che fa parte di ciascuna di noi. Forma fisica e avvenenza sono da sempre al centro di polemiche, di battaglie, di recriminazioni, e per qualcuno rappresentano addirittura uno scudo, dietro il quale trincerarsi e dare battaglia.

 

Abbiamo dovuto essere formose, poi magrissime, poi slanciate, poi proclamare che qualunque forma sia la nostra debba essere bellissima per tutti. Il problema resta lo stesso: siamo e verremo sempre giudicate per questo, in primis da noi stesse, alla perenne ricerca di un modo per tentare di non esserlo.

Abbiamo dovuto essere bellissime, la ragazza della porta accanto, vistose, poco appariscenti, interessanti, e bilanciare il tutto con quanto ci si aspettava di conseguenza dal nostro cervello. Ma non basta, perché la guerra per la sopravvivenza, per l’auto accettazione e l’approvazione esterna, non è mai finita.

Dobbiamo essere competitive, dimostrare un valore eccelso per poter aspirare a determinate posizioni professionali, ma a volte esserlo diventa un problema, molto spesso lo è. Si viene giudicate da altre donne, da uomini che non sopportano l’idea che a fargli ombra sia una donna, da altre donne a cui l’intraprendenza e l’indipendenza femminile dà fastidio, da chi si auto limita perché dentro porta il retaggio patriarcale di cui fatica a liberarsi.

Dobbiamo essere madri, perché ancora oggi chi non desidera esserlo viene giudicata e quando sceglie di esserlo e non lo subisce, deve confrontarsi con i modelli che gli vengono imposti, con l’angoscia di dover rispondere a determinati canoni, mettendosi sempre e perennemente in discussione.

Dobbiamo essere mogli e compagne cui è chiesto spesso, in modo più o meno implicito, di fare sempre un passo indietro, qualora sia richiesto, perché il nostro “valore di mercato” non ha ancora minimamente raggiunto quello dei colleghi dell’altro sesso.

Se un uomo dovesse convivere con il costante giudizio sul suo involucro, forse ci capiremmo meglio.

Se un uomo dovesse pensare a come vestirsi per essere giudicato più o meno credibile, non giudicato, forse ci capiremmo meglio (e certi uomini si vestirebbero meglio ;).

 

Se un uomo dovesse dimostrare che al di là del suo aspetto fisico ciò che conta è solo il suo cervello, ci capiremmo meglio.

Se un uomo comprendesse la fatica di una donna nel trovare il suo spazio nel mondo, perché donna, forse ci sarebbero più sedie per tutti. Se un uomo smettesse di avere l’arroganza scegliere quale sedia (laterale) debba spettare a una donna, ci sarebbe maggiore apertura mentale nel mondo.

Se un uomo si mettesse in discussione quanto una donna sul suo ruolo di compagno, marito e padre, con il carico di tutte le pressioni che una donna si porta dietro per il legittimo desiderio di autoaffermazione, forse ci sarebbero meno conflitti e la catena si spezzerebbe.

 

Cari uomini, mi rivolgo a chi fa ancora fatica ad essere tale, perché anche voi siete cambiati nel tempo, oggi niente mimosa… Specchi, per guardarvi dentro e cercare la capacità di amare e accettare le donne per chi sono e cosa sono diventate grazie alle lotte di altre e che lottano per quelle del futuro, e mani tesa, per stringere la loro… Attendiamo il giorno in cui le “lotte” (termine che richiama a qualcosa di molto maschile) cesseranno di essere chiamate così e saranno solo affermazioni di sacrosanti diritti.

Forti le donne, pieni di amore gli uomini, siamo diversi ma molto più simili di quanto crediamo.

 

Io sono donna, orgogliosamente donna, libera e ogni giorno l’affermazione delle donne è la mia priorità. 

Valentina Rigano

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