I magistrati e le doppie carriere, il virus della Giustizia

Sentiamo spesso amici e conoscenti lamentarsi del sistema giustizia. Qualcuno che ha avuto problemi con un vicino di casa, con un affittuario inadempiente, un debitore, una multa ingiustamente pagata. Decisioni che non arrivano mai, notifiche in ritardo, udienze rinviate.

Siamo sicuri che questo sistema sia conseguenza solamente di scarsità (numerica) di risorse e non anche di una cattiva (pessima) gestione delle stesse ?

Talvolta scorriamo informazioni di cui solamente dopo alcuni giorni percepiamo la rilevanza. Forse sono volutamente fatte passere in secondo piano.

È scivolata in sordina la considerazione che nell’ambito dei vari uffici politici e ministeriali sarebbero collocati oltre 200 magistrati fuori ruolo. Duecento.

Cioè tra ministeri, Commissioni parlamentari, capi di gabinetto, responsabili di uffici pseudo legislativi, consulenze ed altro vi sono oltre duecento magistrati sottratti alle proprie competenze ordinarie (cioè sbrigare i procedimenti pendenti presso i diversi tribunali…) per fare altro.

Tutto legittimo eh, sia ben inteso, il loro ministero li autorizza a ricoprire tali incarichi. Poi però non ci lamentiamo se i Tribunali sono sotto organico ed i processi sono lunghi.

Non si capisce perché non lasciare i magistrati a fare il loro mestiere e prendere altri a ricoprire quegli incarichi di collaborazione. In fondo l’Italia è piena di laureati in giurisprudenza, per decenni è stata la facoltà più gettonata tanto da dover imporre, ultimamente, il numero chiuso.

D’altronde la tendenza dei magistrati a camminare sul confine di quello che si può e non si può fare è piuttosto diffusa. Fosse anche solo per ragioni di opportunità, non tanto di violazione di norme.

Se è vero come è vero che in un Paese civile nel 2021 dovrebbe vigere senza ombre il principio della separazione fra i poteri, non sembra normale che un magistrato possa candidarsi per poi, quando e se ne ha voglia, tornare in magistratura.

Altri ancora creano dei partiti mentre ancora sono magistrati, magari alla fine o durante processi importanti.

Qualcuno ritiene normale rimanere magistrato e contestualmente consigliere comunale.

Poi non ci ci dobbiamo stupire se il magistrato che torna a fare il magistrato avvia inchieste contro avversari politici. Non accade ? è accaduto, in Italia, guarda caso nel silenzio generale di mezzi di informazione ormai supini al potere, anche quello trasversale.

L’impressione insomma è che chi sarebbe deputato al controllo rigoroso delle regole e dei principi fondanti di un paese democratico e civile, sia spesso il primo a compiacersi di poter derogare a proprio piacimento le regole stesse. Tanto, e questo è il vero problema, non c’è nessuno che controlla. L’organo di verifica è di auto  – controllo e peraltro costituito da appartenenti allo stesso ordine. Da intendersi, della stessa corrente politica interna. Palamara docet.

Cane non morde cane dicevano già i latini.

Non è bastata la tragica esperienza di tangentopoli dove solamente un manipolo di quelli arrestati e pubblicamente messi alla gogna sono stati effettivamente condannati.

Quanti suicidi e quante vite distrutte. Ancora oggi si apprende del povero consigliere regionale piemontese suicidatosi al termine di un decennale calvario dovute a presunte e mai effettivamente dimostrate indebite gestioni dei fondi del partito. Dieci anni. Un ingegnere, padre di famiglia, 73 anni, ci rendiamo conto quanto può far male la cattiva giustizia ?

Che poi, a volerci pensare bene, viene quasi il dubbio che la scelta di mandare e mantenere questi 200 magistrati nei palazzi del potere, a fianco di ministri e parlamentari, possa non essere tanto casuale. Quale metodo migliore, subdolo e celato, per mantenere il controllo sulle leggi che vengono emanate ?

Sia mai che qualcuno decide, per davvero, non a parole, di mettere mano al malandato sistema della giustizia italiana.

Alias Giulio Cesare

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