Valentina Rigano

Un mese di Coraggiosamente.it, grazie a tutti voi

 

Il cuore che batte a mille, il respiro che si fa intenso e l’agitazione mascherata da un sorriso colmo di paure, aspettative, soddisfazione ed emozione, in un misto di sensazioni mai provate prima. Danzare la vita, in punta di parole.

Sedici anni fa oggi è così che mi ricordo la giornata che ha segnato decisamente la mia vita, nella professione e nelle relazioni. Il 5 novembre del 2005 ho presentato il mio primo romanzo e incontrato l’amore della mia vita. Perchè ho deciso di raccontarlo? Per ricordare a me stessa da dove sono partita, cosa ho imparato in questi sedici anni di professione giornalistica, come donna e come persona, a cui chi legge queste pagine sta dando fiducia.

Ognuno di noi è fatto di tante sfaccettature differenti, allora credevo fossero disgiunte, oggi so che non è così. “In punta di piedi” è nato dalla mia passione per la danza classica, che ho iniziato a praticare fin da bambina grazie a mia madre, strepitosa coreografa ed insegnante, che a sua volta studiò giornalismo a Milano, ma poi non praticò praticamente mai a causa di un uomo che le spezzò la carriera. Sono cresciuta sognando palcoscenici artistici, fatti di danza, recitazione e canto, ma come per mia madre quel sogno si è spezzato con un pugno in faccia ad un uomo che voleva qualcosa da me, per permettermi di lavorare. Fu lei, quando ormai ero sconfortata, a suggerirmi di provare a chiedere ad un giornale locale di mettermi alla prova, dando inizio alla mia carriera professionale. “Sei brava a scrivere”, mi disse. Le diedi retta e ancora oggi la devo ringraziare, per avermi spinta a seguire ciò che portavo dentro di me, senza saperlo.

A diciotto anni credevo che l’amore fosse qualcosa di totalizzante, e lo credo ancora oggi, ma da ragazza lo vivevo nel modo sbagliato, un qualcosa che fagocitava ogni mia energia, ogni momento della giornata, sia nelle amicizie che nelle relazioni. Il 5 novembre ho incontrato l’uomo grazie al quale ho capito che quello che siamo passa per la capacità di realizzare noi stessi, dai valori che ci accomunano all’altro, dalla visione del mondo e della vita, solo che ancora non lo sapevo.

Quella mattina era esattamente come oggi, fredda ma soleggiata, su una Monza che per me, allora, era tutto il mio universo. Mio padre, un uomo dal quale ho imparato la pazienza, l’impegno, la concretezza, la generosità, aveva prenotato un bellissimo locale che oggi non esiste più, proprio di fronte al Duomo, per festeggiare dopo la presentazione. “In punta di piedi” racconta la storia di Kassandra, una ballerina di origine austriaca come sua madre, proprio prendendo spunto dalle origini della mia, nata e cresciuta in Africa, ma con origini nei paesi del nord Europa. La sua storia è decisamente ispirata alla vita di mia madre ed inizia in Kenya, dove lei è arrivata a quattro anni, scappata da un Egitto in rivolta, insieme alla sua famiglia. E’ un romanzo sincero, a tratti infantile se vogliamo, che parla di passione e sogni, speranze e perdita. Oggi la casa editrice con cui lo pubblicai, torinese, non esiste più, ma voglio comunque ringraziare Silvia Berbotto per aver avuto fiducia in me ed averlo pubblicato.

Alla presentazione del mio libro, all’interno della libreria “Libri e Libri” di Monza, moderata dall’amico e giornalista Giancarlo Besana, che ricordo con il cuore colmo di gratitudine per avermi iniziata al giornalismo sportivo, per le domeniche allo stadio con il Monza Calcio, per le cene alle quali mi portò con sé a incontrare diverse personalità della comunicazione dello Sport (non scorderò mai l’incontro con Kakà, allora neo stella del calcio, e di quella serata in cui non riuscii a mangiare nulla perchè seduta accanto a lui lo fissavo come un’ebete), come uno zio affettuoso che vuole farti scoprire il mondo e proteggerti. Gli amici, la famiglia, i rappresentati locali delle istituzioni con cui collaboravo per la testata locale “Il Giornale di Monza”, erano tutti lì ad ascoltare. A leggere i brani della mia prima storia pubblicata fu Elisabetta Bertolo, ballerina e amica, allora incinta del suo primo figlio, commossa e partecipe. Ed io ero lì in piedi, vestita di verde salvia, con il cuore in gola. Quello per me allora fu un giorno di grande soddisfazione e di grandissime aspettative, quando ancora ero convinta non sarei stata mai abbastanza brava per continuare, quando ancora ero convinta che il mondo si dividesse tra brave persone che prima poi riescono, e opportunisti in cattiva fede che invece si arrestano.

 

 

Quella sera uscii per festeggiare ed incontrai l’uomo che oggi è mio marito, il compagno di vita che mai avrei pensato di poter incontrare e neppure di desiderare. Eravamo giovani, diversi tra noi e diversi da chi siamo oggi. I suoi occhi, quella sera, mi fecero capire per la prima volta cosa significasse incontrare “la persona giusta”, anche se allora per noi fu il momento sbagliato. La lezione più importante che la vita mi ha dato, a partire da allora, è che esistono le sfumature. E’ stata dura per me da digerire, dato che fino a qualche anno fa vivevo guardando al mondo o in bianco o in nero. Ogni battaglia, spesso e volentieri di principio, per me valeva la pena di essere combattuta, a prescindere dal risultato e dai sacrifici necessari per arrivare in fondo. Questo, debbo dire, è uno dei pochi aspetti che in me, negli anni, non è cambiato. Certamente ho cambiato metodo, imparato la pazienza, la resilienza, l’attesa, caratteristiche che erano già in me grazie ai miei genitori, ma che solo accanto all’uomo che ho incontrato quel giorno, si sono concretizzati. Insieme ma a distanza siamo cresciuti, così come sono progredita io, con grande impegno e fatica, nella mia professione. Poi ci siamo ritrovati e insieme a lui ho ritrovato lo stimolo per tornare a scrivere, dando vita a “Per Sempre Fedele, storia di un uomo tra pagine di mafia”.

Oggi credo che scrivere sia meraviglioso, esattamente come allora, ma non è più una “medicina” per me, bensì uno strumento di cui ho estremo rispetto. Può e deve aiutare chi non ha voce, è ancora oggi il mezzo che utilizzo per parlare con le persone che amo, attraverso il quale ho capito come dire le cose che vanno dette e non taciute per timore o per pudore. E’ il modo più diretto per raccontare il mondo, per rendere noti fatti, cercando di mantenere la lente della trasparenza sempre avanti a quella del cuore. Così è nata la battaglia per ricostruire cosa abbia o non abbia funzionato a dovere in questo anno e mezzo che ha stravolto le nostre vite, di cui grande parte è raccolta nel libro “La rete del Coraggio”, che ho scritto grazie a tante testimonianze e all’incontro con un vulcanico avvocato, Erich Grimaldi.

E’ il modo che ho di dire grazie alla vita, che nonostante sia spesso dura, amara, è un dono del quale dobbiamo avere cura per tutto ciò che ci regala e che dobbiamo sempre ricordarci di apprezzare. E’ modo per dire grazie a tutti voi, per la fiducia che mi state regalando, visto che oggi Coraggiosamente.it ha compiuto un mese di vita e poter dire di aver superato alla grande i centomila accessi è per me la soddisfazione più grande, che devo anche a voi.

Valentina Rigano

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