Inchiesta: la verità sulle terapie domiciliari precoci

Il Covid si poteva e si può curare a domicilio? È una domanda alla quale il nostro paese, ad oggi, non ha voluto rispondere, evitando di coinvolgere i medici che hanno lavorato sul territorio in qualsiasi decisione relativa alla redazione di protocolli di intervento, ricerca o cura. Una realtà tutta italiana, con collaborazioni esterne, di cui si è parlato e si parla troppo poco, forse nel maldestro tentativo di non svelare gravi mancanze. Qui la mia inchiesta, vissuta dall’interno, sulle terapie domiciliari precoci.

Il SARS-COV-2 ha causato in Italia oltre 130 mila morti. In proporzione tra il numero di abitanti ed il tempo di tali decessi ha portato l’Italia al vertice delle classifiche mondiali. Persino paesi del c.d. terzo mondo hanno avuto percentuali migliori. Indefinite per il momento, invece, le persone che hanno subito danni, più o meno gravi, quale conseguenza della medesima malattia, molti di questi in ragione di una tardiva presa in carico da parte delle strutture sanitarie.
L’impostazione data dal Ministero della salute in caso di sintomi è stata, sin da subito, solamente quella della “vigile attesa”, ovvero il monitoraggio classico utilizzato per le malattie virali, nelle more dell’evoluzione più o meno grave. Un approccio non idoneo al contrasto di un virus che, come ormai è emerso, va combattuto fin dai suoi esordi, precocemente a domicilio.

Sin dalle medesime prime settimane del marzo 2020 molti, moltissimi medici, di varia natura, specializzazione, ruolo ed appartenenza, hanno ritenuto pericolosa ed inutile l’attesa vigile, preferendo avviare cure dei pazienti sintomatici sin dai primi momenti, utilizzando le ordinarie e già in commercio medicine generiche e da banco e farmaci utilizzati per combattere virus con forti analogie al Covid-19.
Con il tempo questi medici, grazie alla possibilità di condivisione in rete, via telefono e con ogni altro moderno strumento di comunicazione, si sono coordinati tra loro, migliorando e perfezionando le diverse tecniche di cura, finanche arrivando a predisporre un vero e proprio protocollo di cura, basato su letteratura scientifica che inspiegabilmente non vuole essere tenuta in considerazione.

La domanda, pertanto, sorge davvero spontanea: il Covid si poteva e si può curare anche a domicilio? È una domanda alla quale il nostro paese, con tutte le sue diverse strutture decisionali a ciò deputate, ad oggi, non ha voluto rispondere, evitando di coinvolgere i medici che hanno lavorato sul territorio in qualsiasi decisione relativa alla redazione di protocolli di intervento, ricerca o cura.
Questo nonostante il Comitato Cura Domiciliare Covid-19, fondato dall’avvocato Erich Grimaldi, che ha voluto raccogliere e coordinare i medici che hanno scelto di curare i pazienti sin da subito, abbia chiesto costantemente e ripetutamente alle istituzioni di prendere atto delle evidenze cliniche raccolte dai questi medici che hanno lavorato sul territorio, di effettuare ricerche per stabilire quali farmaci avrebbero potuto o possano essere ancora oggi utili per la lotta al virus e ignorando sentenze ottenute in Tribunale. Persino il voto unanime del Senato della Repubblica, dello scorso 8 aprile, affinché il Governo avviasse un tavolo di lavoro che coinvolgesse i medici dei territori, è stato incomprensibilmente ignorato. Un mistero il motivo di tale decisione, ancora più misterioso il motivo della inaccettabile campagna diffamatoria, ad oggi in corso, verso migliaia di medici che non hanno fatto altro che aiutare centinaia quando non migliaia di persone a testa, rimaste a casa in attesa di peggiorare per un vuoto lasciato dalla sanità territoriale.
La scienza non è perfetta, non esiste una medicina “giusta” e non esiste una medicina “alternativa”, esiste la medicina, così come la scienza, fatta di confronti e approfondimenti, di studi e ricerca ma anche di evidenza, quella clinica, che non è stata in alcun modo presa in considerazione.

IL COMITATO CURA DOMICILIARE PRECOCE

Il  Comitato Cura Domiciliare Covid-19 è nato solo ed esclusivamente combattere il Covid a domicilio, tempestivamente e precocemente, al fine di tutelare il diritto alle cure senza alcuna limitazione in ogni regione. É composto da medici di medicina generale ed ospedalieri, dotato di un Consiglio Medico Scientifico tra cui figurano primari e docenti universitari .

Assai rilevanti i risultati raggiunti dal Comitato Cura Domiciliare Covid che, come anticipato, ha sempre e solo utilizzato uno schema terapeutico con farmaci autorizzati dal Sistema Sanitario Nazionale, sempre avanti sul fronte del confronto con realtà cliniche di tutto il mondo, e che nulla hanno a che vedere con l’improvvisazione. Si tratta di centinaia di medici che, in scienza e coscienza, hanno applicato le proprie esperienze e conoscenze medico scientifiche, hanno fatto “rete” per aggiornarsi vicendevolmente, al solo scopo di supportare la popolazione in un grave momento di difficoltà. Il lavoro della rete di supporto dei medici è stata avviata nel marzo del 2020, ancor prima, come detto, della creazione del Comitato stesso.

Il Comitato ha sempre ritenuto importante e necessario che lo schema terapeutico, a seguito di un proficuo confronto con le istituzioni e l’avvio di studi randomizzati sulle terapie domiciliari precoci, divenisse e divenga protocollo nazionale per la cura domiciliare precoce del Covid-19.
Il principio è stato ed è di facilissima intuizione: le cure domiciliari precoci hanno guarito e prevenuto l’ospedalizzazione, la vigile attesa in senso di semplice monitoraggio e attesa ha generato decessi innumerevoli e danni permanenti.
Questo come valido supporto sia prima che durante l’avvio della campagna vaccinale, ma anche al termine, date le varianti e la percentuale di vaccinati che comunque si continuano ad ammalare. Fondamentale è stato il vaccino ma altrettanto fondamentale sarebbe stato curare le persone in fase precoce, poiché come già evidenziato, tale aspetto avrebbe alleggerito drasticamente il numero di ricoveri e allo stesso modo il tasso di mortalità.

Il Comitato è stata la naturale evoluzione dell’apertura, nel marzo del 2020, di due gruppi nati su Facebook per iniziativa dell’avvocato Grimaldi: #esercitobianco e #terapiadomiciliarecovid19 in ogni regione, quest’ultimo ormai arrivato alle oltre 600 mila adesioni tra medici e cittadini in cerca di supporto, confronto e aiuto per affrontare l’epidemia, con costanti nuove richieste di iscrizione ogni giorno. Al Comitato, ad oggi, sono iscritte oltre 20 mila persone.

Centinaia di medici di ogni regione hanno così iniziato a dialogare con quelli di altre, condividendo importanti scelte terapeutiche che, in assenza di direttive regionali che si adeguassero ai protocolli AIFA del 17 marzo 2020, permettessero l’utilizzo di farmaci, comunque, in modalità off label.

Fin dal principio ai gruppi hanno aderito il prof. Luigi Cavanna di Piacenza, noto per la sua campagna di sostegno domiciliare a centinaia di pazienti, il prof. Luigi Garavelli di Novara, il prof. Claudio Puoti di Roma, nonché il dott. Andrea Mangiagalli di Milano, in rappresentanza dei 150 “Medici in prima linea” della Lombardia, il dott. Riccardo Szumski di Santa Lucia di Piave (Treviso), a cui si è aggiunto il dottor Salvatore Spagnolo (cardiochirurgo), responsabile della cardiochirurgia dell’Iclas di Rapallo (Genova) e decine di altri professionisti di tutta Italia. In totale, ad oggi, i medici attivi nel Gruppo sono oltre 300, con al fianco circa 200 psicologi e farmacisti (i numeri sono in costante crescendo).

LE AZIONI DEL COMITATO E LE ISTITUZIONI, IL SILENZIO DELLA STAMPA

Su impulso dei medici, che ritenevano davvero incredibile l’inerzia dei vertici sanitari politici e tecnici, l’avvocato Grimaldi ha impugnato una determina della regione Lazio che voleva limitare la libertà prescrittiva dei Medici di medicina generale, subordinando la prescrizione dei farmaci all’esito positivo del tampone, spesso tardivo o falso negativo, impedendo la possibilità di somministrare farmaci ai primi sintomi.

Il Comitato in data 30 aprile 2020, ha inviato, senza alcun riscontro, una diffida al Presidente del Consiglio, nonché al Ministero della Salute ed a tutte le regioni, affinché si perfezionasse un protocollo univoco nazionale per le cure tempestive domiciliari per il Covid. In quel momento le direttive in materia di trattamento Covid a domicilio erano “vigile attesa e paracetamolo”, sconsigliando l’utilizzo di anti infiammatori, poi invece rivelatisi fondamentali, senza alcuna predisposizione di ricerche e studi emergenziali su alcun farmaco.

Il 25 maggio 2020 ho pubblicato la prima agenzia sul lavoro dei “200 medici lombardi” per la lotta domiciliare al Covid. Una notizia che nessun quotidiano ha ripreso. Una delle poche trasmissioni televisive che ha inteso portare avanti la mia stessa battaglia è stata “Fuori dal Coro”.

Nel successivo mese di luglio 2020, sempre a seguito delle valutazioni dei medici, da parte del Comitato Cura Domiciliare Covid 19 è stata avanzata un’istanza d’accesso agli atti ad AIFA, con riferimento al provvedimento del 26 maggio 2020 che ha sospeso la sperimentazione dell’uso dell’idrossiclorochina al di fuori degli studi clinici, depositando un ricorso al TAR Lazio, con relative istanze cautelari, per ottenere una riabilitazione di questo farmaco utilizzato durante la prima ondata e che, sulla base dei riscontri empirici ottenuti dai medici del territorio aderenti al gruppo, ha dato invece risultati positivi. La vicenda legale è arrivata sino al Consiglio di Stato che ha confermato la legittimità delle istanze del Comitato (in allegato la sentenza).

È da precisarsi come l’attività del Gruppo nella messa a punto di uno schema terapeutico suddiviso in diversi approcci, con tempistiche e dosaggi precisi, è proseguita anche senza l’utilizzo di idrossiclorochina, con altrettanto successo. Il Comitato ha chiesto ripetutamente al Ministero della Salute di avviare studi randomizzati precoci per valutare l’utilizzo dell’idrossiclorochina in fase precoce, ovvero somministrata sotto controllo medico entro le prime 72 ore dall’insorgenza dei sintomi, senza successo. Il farmaco viene definito inefficace facendo riferimento a studi su pazienti ospedalieri o comunque che hanno superato la settimana dall’insorgenza dei sintomi, il che si traduce in una diversa risposta dell’organismo rispetto a quella che si potrebbe invece osservare e certificare in fase precoce. La raccolta dei dati dei medici del Comitato, a tal proposito, è in corso.

Sempre su questo fronte è stato chiesto alle Istituzioni di supportare il Comitato nella suddetta raccolta, senza esito.
Le stesse richieste sono state avanzate rispetto ad altri farmaci che hanno dato esito positivo in vitro, senza alcun esito.

Il 18 dicembre 2020, il Comitato ha predisposto un’istanza di accesso formale agli atti amministrativi e contestuale invito ad adempiere con riferimento alla sperimentazione degli “anticorpi monoclonali”. Aifa, al riguardo, ha rifiutato 10 mila dosi di monoclonali gratuite da un ente donatore. La stessa AIFA, poco dopo, ha acquistato le medesime dosi a prezzo di mercato alcuni mesi dopo, come già emerso. Il Comitato ha presentato un ricorso al Tar per avere accesso ai verbali che hanno portato alla decisione di Aifa, ottenendo una sentenza positiva. A seguito di ciò la Corte dei Conti ha avviato un’indagine sulla vicenda. Ad oggi, ottobre 2021, quei documenti non sono ancora stati resi noti. Il 7 ottobre l’avvocato Erich Grimaldi ha depositato un esposto alla Procura di Roma per valutare eventuali rilievi penali rispetto alla mancata accettazione delle diecimila dosi gratuite.

Il 5 febbraio del 2021, nel contesto di ordinarie relazioni istituzionali e nel tentativo di ottenere un incontro, ho scritto all’allora neo Presidente Aifa, Giorgio Palù, il quale mi ha comunicato che era stata avviata una analisi del problema relativo l’urgenza di linee guida per i medici di medicina generale e che al riguardo il Ministro della Salute avrebbe risposto che le stesse erano in predisposizione da Agenas, “consigliando” al Comitato di mettersi in contatto con Mantoan, ex direttore Aifa passato ad Agenas, e responsabile della stesura. Ovviamente ci provai ma senza esito.

La comunicazione di Palù definiva “sacrosanta battaglia” quella portata avanti dal comitato.

Il 7 marzo 2021 il Tar del Lazio ha accolto il ricorso e la relativa istanza cautelare promossa dai medici che fanno parte del “Comitato Cura Domiciliare Covid”, ed intrapreso nei confronti del Ministero della salute e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in riferimento alla nota (datata 9 dicembre 2020) che conteneva i “principi di gestione dei casi Covid-19 nel setting domiciliare”, ovvero una direttiva che ordina ai medici di base di gestire i propri pazienti nei primi giorni di insorgenza dei sintomi della malattia seguendo la “vigile attesa” ed imponendo di somministrare esclusivamente paracetamolo (tachipirina), fans, o l’eparina ma solo nel caso di allettati, ed escludendo di fatto altri farmaci utilizzati dai medici di medicina generale nel curare il Coronavirus.

Il 10 marzo 2021 il Comitato Cura Domiciliare Covid 19 è stato invitato presso la sede del Ministero della Salute, per un incontro formale con il sottosegretario Paolo Sileri, alla presenza del Senatore Massimiliano Romeo. Un incontro ottenuto dopo svariati tentativi di dialogo intrapresi con diversi gruppi politici, a cui mi ha risposto personalmente solo il senatore Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega. È stato lui a intercedere per un nostro incontro con Sileri. Alla riunione abbiamo partecipato io, Erich Grimaldi, il professor Luigi Cavanna ed il dottor Andrea Stramezzi (poi fuoriuscito dal Comitato per divergenze operative).

Durante l’incontro i medici hanno relazionato circa la possibilità di coordinare il lavoro dei medici di medicina generale di tutta Italia, con un ponte tra specialisti e ricercatori, per mettere a punto un protocollo di cura domiciliare precoce ed avviare gli opportuni studi. Ricordo perfettamente quanto il sottosegretario Sileri fosse in linea con l’approccio dei nostri medici, concorde con l’esigenza di istituire un coordinamento e persuaso del fatto che per curare il Covid a domicilio non si fosse fatto abbastanza.

All’incontro è seguita una riunione virtuale organizzata da Agenas, alla quale hanno partecipato il professor Luigi Cavanna, il dottor Andrea Mangiagalli, l’avvocato Erich Grimaldi e io, per il Comitato Cura Domiciliare, e il professor Matteo Bassetti e il professor Luigi Remuzzi. Il confronto avviatosi con la migliore delle intenzioni si è concluso con la disponibilità ad avviare un tavolo di lavoro congiunto.

Solo due giorni dopo il Comitato ha ricevuto la notifica del ricorso presentato dal Ministero della Salute e da Aifa contro la decisione del Tar di sospendere le linee guida contenenti “vigile attesa e paracetamolo” quale indicazione di massima. Incomprensibile capire come se, da un lato, il Comitato stesse dialogando con lo stesso Ministero e il sottosegretario Sileri, con lo stesso presidente Aifa (diversamente da quanto avvenuto in precedenza con Mantoan), mentre dall’altro lato si tornava alla battaglia in Tribunale.

Sarebbe un po’ come una delle due aziende impegnate in una trattativa per fondersi o per avviare collaborazioni aziendali contestualmente facesse causa all’altra per le medesime questioni trattate al tavolo unico.

Il Consiglio di Stato, successivamente, annullò la decisione del Tar del Lazio in favore dell’abolizione delle linee guida, motivando la decisione con la sempre confermata libertà prescrittiva dei medici, che è stata ed è fondamentale per i medici del Comitato.

L’8 aprile 2021 il Senato della Repubblica ha votato, praticamente all’unanimità (con due voti contrari e due astenuti) una mozione con la quale ha chiesto al Governo di impegnarsi all’apertura di un tavolo di lavoro per la cura domiciliare precoce, coinvolgendo i medici che hanno operato sul campo, ovvero tenendo conto delle evidenze cliniche raccolte da migliaia di professionisti. Quel voto è stato totalmente ignorato, perché?

Il 25 aprile 2021 ho pubblicato un libro dal titolo “La rete del Coraggio“, nel quale sono raccolte alcune delle migliaia di testimonianze di persone guarite grazie al supporto del gruppo.

Il 26 aprile 2021 il Dipartimento di Prevenzione ha licenziato le nuove linee guida che, a latere di alcune piccole variazioni, non hanno minimamente tenuto conto dell’indicazione del Senato o delle richieste dei medici del Comitato o di coloro che hanno curato i pazienti a domicilio o in telemedicina, evitando ospedalizzazioni e decessi. Le uniche modifiche apportate di fatto erano in essere nel protocollo proposto e utilizzato dal Comitato Cura Domiciliare Covid-19 da oltre 12 mesi.

Enti statali che ignorano direttive degli organi di rappresentanza eletti ?

Il Comitato ha mantenuto un costante rapporto internazionale con esponenti della medicina globale: persino i medici di Rio de Janeiro (Brasile) e finanche l’epidemiologo americano Harvey Risch di Yale hanno condiviso lo schema terapeutico sposandolo in toto.

La mancata evidenza di ricerche, studi, dati, non è quindi imputabile al Comitato stesso, ma alle istituzioni che hanno scelto di non coadiuvare tali interventi.

Per dare una esemplificativa rappresentazione del lavoro svolto, in attesa di una raccolta dati istituzionalizzata, ho personalmente preso in esame un totale di 906 malati covid, pazienti di medici di Lombardia, Lazio, Campania, Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia. Tra questi il 50% supera i 55 anni di età, il 10% circa i 70 ani di età, con una incidenza del 5% circa di patologie pregresse, tra cui ipertensione, diabete o malattie oncologiche. Dei 906 casi presi in esame, sono stati due i pazienti a necessitare l’ospedalizzazione e due i deceduti (tra cui una donna di 97 anni affetta da grave patologia, una volta negativizzata).

Nei mesi successivi il Comitato Cura Domiciliare Covid-19 ha continuato ad inviare solleciti a Regioni e Ministero della salute, per ottenere incontri e rappresentare dati, senza alcun riscontro.

Il 27 luglio 2021 il presidente del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, durante una manifestazione pacifica organizzata davanti alla sede del Ministero della Salute, ha ottenuto un incontro con alcuni dirigenti del Ministero Stesso.
All’esito dell’incontro è stato chiesto al Comitato di inviare una relazione dettagliata entro 48 ore, per poter poi fissare una riunione la settimana successiva.
Il Comitato ha provveduto, in data 29 luglio, all’invio della documentazione richiesta. Io, Grimaldi, Cavanna e Fazio, abbiamo lavorato per 24 ore consecutive per realizzare e firmare la relazione.

A metà agosto, a seguito dell’invio tramite posta certificata di un sollecito per fissare la riunione, il Ministero della Salute, in particolare la segreteria del Dipartimento di Prevenzione, mi ha contattata spiegando che sarebbe stato necessario rinviare la riunione, per evitare l’assenza di alcuni dirigenti ed esperti, in vista della pausa estiva, intorno al primo di settembre. A seguito di questo preavviso telefonico il Comitato ha inviato una PEC per confermare la disponibilità all’incontro per il primo di settembre. Poche ore dopo la segreteria del Capo di Gabinetto del Ministero della Salute ha richiamato, precisando di non poter dare conferma della riunione, affermando che la precedente comunicazione verbale fosse stata inesatta, e che un contatto sarebbe avvenuto a documentazione esaminata. Intorno al venti di settembre ho richiesto per conto del Comitato aggiornamenti sulla riunione in attesa di essere fissata, ricevendo una risposta nella quale il Ministero della Salute ha reso noto come la documentazione fosse “ancora al vaglio degli esperti”.

Ad oggi non abbiamo ancora ottenuto alcuna risposta. È normale?

Siamo certi che a breve, così come preannunciato recentemente, saranno a disposizione farmaci per il contrasto del virus. Questo conferma che l’approccio preventivo, immediato, domiciliare, è sempre stato necessario. Perchè l’Italia, che avrebbe potuto essere pioniera in questo senso, nulla ha fatto?

Valentina Rigano

 

Cosa non ha funzionato nella sanità territoriale quando è esplosa l’emergenza Covid-19? L’informazione è riuscita a raccontare con tempestività e precisione tutto quello che stava accadendo? Inchiesta su un anno al fianco dei medici del territorio nella lotta al Coronavirus, la battaglia dei medici del gruppo Cura Domiciliare Covid 19 e di un “sistema” che non ha funzionato come avrebbe dovuto. Una storia che lascia più dubbi che certezze.

Puoi ascoltare le prime tre puntate della mia inchiesta Podcast su Spotify, Itunes, Google Podcast, Amazon Music.

 

Credit musica: Surrounded by Hayden Folker | https://soundcloud.com/hayden-folkerMusica