Scuole chiuse per il Ramadan, multiculturalismo, necessità e soluzioni

All’università per Stranieri di Siena le lezioni saranno sospese per la fine del Ramadan. Una decisione che comprendo e con cui sono d’accordo, anche vista la mission dell’Ateneo stesso. È da due settimane che la vicenda della scuola Iqbal Masiq di Pioltello anima discussioni politiche e sociali, ho ascoltato le voci di tutti e credo sia il caso di iniziare a ragionare su una diversa gestione e apertura per le scuole, rispetto alla necessità di festeggiare secondo il proprio credo, in Italia. È giusto pensare a giorni in cui gli studenti delle scuole pubbliche di ciascun credo, possano festeggiare in famiglia. Come la mettiamo allora, però, con la Pasqua ebraica e lo Shavuot, e anche ad esempio con le celebrazioni induiste (in Italia gli induisti sono quasi tre volte le persone di religione ebraica)? Gli atei che cosa dovrebbero fare in queste circostanze?’

L’errore e la soluzione

Dal mio punto di vista, da agnostica che vive un Paese di tradizione cattolica ma laico sulla carta, l’errore è quello di lavorare sul singolo caso, il classico metodo all’italiana che risponde di pancia alla situazione emergenziale. Non si può pensare di sospendere le lezioni solo in una determinata scuola ragionando sulla popolazione scolastica e il territorio che, ben inteso, è un discorso che comprendo bene. Perché Mohamed che vive a Milano, o a Bari, dovrebbe essere diverso dal suo omonimo di Pioltello? Perché Emma dovrebbe assentarsi da scuola per festeggiare lo Shavuot?

Serve una modifica, ministeriale, che tenga conto delle esigenze di tutti, come ha ben descritto Amina, mamma mussulmana che ho intervistato a Pioltello “ci vuole rispetto per tutte le ricorrenze di tutti”. Un’altra mamma, favorevole al fatto che i bambini di religione islamica possano festeggiare, ha però fatto notare come le altre religioni non abbiano la stessa possibilità: “quindi vince chi è più numeroso?”

Ha ragione, non può essere così. La soluzione? Cinque (faccio un esempio) giorni l’anno a studente, garantiti per le proprie festività religiose, che non vengano conteggiati come assenze. In caso di massiccia presenta di una parte di classe di una specifica religione, nel giorno di quella precisa ricorrenza, laboratori didattici per tutti gli altri. 

Il futuro non puó che essere nell’avvicinare i credo religiosi

Il multiculturalismo in Italia è diventato un tema di rilevante discussione pubblica, riflettendo il crescente mosaico culturale e religioso presente nel tessuto sociale del paese. L’Italia, con la sua profonda eredità storica e culturale, si posiziona in una situazione unica per affrontare la sfida dell’integrazione di diverse comunità. In questo contesto, l’obiettivo di stabilire luoghi di preghiera universali che possano accogliere fedeli di tutte le religioni rappresenta non solo un’ambizione di tolleranza e coesione sociale, ma un vero e proprio ideale di civiltà.

Spazi di multiculto e vicinanza

Il concetto di spazi di culto interreligiosi non è solamente una questione di logistica o di architettura; al suo cuore, simboleggia il riconoscimento e il rispetto della pluralità delle esperienze spirituali. Progetti di questa natura possono servire come potenti strumenti per promuovere il dialogo interreligioso, la comprensione reciproca e, in ultima analisi, la pace tra diverse comunità.

Realizzare tali spazi in Italia richiederebbe non solo un impegno da parte delle autorità locali e nazionali, ma anche una collaborazione stretta tra le varie confessioni religiose. È fondamentale, infatti, che ogni tradizione si senta rispettata e rappresentata, garantendo che questi luoghi siano veramente inclusivi e non percepiti come appartenenti a una specifica fede.

Inoltre, l’introduzione di spazi di preghiera interreligiosi potrebbe affrontare praticamente la questione della crescente scarsità di luoghi di culto in alcune aree, dove la varietà delle comunità religiose supera le infrastrutture esistenti. Questa transizione verso spazi condivisi non solo ottimizzerebbe le risorse ma rafforzerebbe anche il senso di comunità e di appartenenza tra i fedeli di differenti rereligioni.

Serve volontà e tolleranza da parte di tutti

 

La sfida, naturalmente, risiede nel superare le barriere di diffidenza e preconcetto che ancora oggi possono ostacolare il percorso verso una convivenza armoniosa. La creazione di questi spazi deve essere preceduta e accompagnata da un lavoro culturale profondo, mirato a educare sulla ricchezza che la diversità religiosa e culturale può offrire.

Un’Italia che abbraccia il concetto di luoghi di preghiera interreligiosi sarebbe un faro di civiltà e un modello di integrazione culturale e religiosa. Un simile impegno avrebbe il potere non solo di rafforzare il tessuto sociale italiano, ma anche di inviare un messaggio di speranza e unità al resto del mondo.

 

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