Falsi miti e Bronzi di Riace – riflessione per giovani (e non)

Il nostro Paese ha l’innata tendenza a creare personaggi, miti, fenomeni, capi tribù e finanche agit prop pronti a diventare in poco tempo riferimento per gruppi più o meno ampi.
Non si disdegna la velocità a scendere in piazza, velocissimi sempre a scendere quelli fino ad un attimo prima adagiati nel salotto di papà dotato di ogni comfort.
Sono personaggi diversi e variegati ma sempre con un unico comune denominatore: una ideologia, spesso imposta, improvvisa o ritenuta ingiustificatamente dominante, che pervade la ragione, la razionalità, la concretezza e la logica, la normale evoluzione delle cose.

Partiamo da un caso, quello di Mimmo Lucano, celebre sindaco di Riace condannato a 13 anni per vari reati.
Le parole del procuratore di Locri Lucano: “idealista, improvvisamente issato su un piedistallo, ubriacato da un ruolo più grande di lui”.
A quanti altri potremmo perfettamente attribuire le considerazioni dell’esperto magistrato? Ne dico alcuni, i primi che mi vengono in mente in ordine sparso: i “gretini” e la stessa Greta (non per lei, ma per il ruolo che le hanno cucito addosso), Carola la speronatrice “illuminata” di navi della Guardia di Finanza, giovani “pesciolini” ora in lizza per poltrone importanti, Dj e personaggi fino a ieri dediti ad altra professione che, senza alcuna preparazione nella materia richiesta, divengono improvvisamente altro, come ad esempio punti di riferimento della politica. E poi ancora virologi intrattenitori televisivi, infettivologi opinion leader, rapper moralizzator. Mi fermo per non essere prolisso.
Tutti improvvisamente “unti” dalla magnificenza dell’ideologia giusta, dal “politically correct”, dalla battaglia giusta da combattere.

Il tempo è galantuomo. Un vecchio adagio dice che si può fare fessi alcuni per un periodo più o meno ampio, ma non si può fare fessi tutti per sempre. Così lentamente li si vedrà scivolare uno per volta, improvvisamente ed inaspettatamente, grazie a qualche gaffe incompatibile con l’ideale perfetto che perseguono e per il quale erano stati messi sui vessilli sventolanti in piazza.

Ancora le parole dei magistrati di Locri: “se usi il denaro dello Sprar per fini privati, si configura un reato”, ha detto il pubblico ministero, mentre il procuratore ha definito l’ex sindaco (con toni decisamente poco lusinghieri) come il protagonista di un film western.
A Lucano sono stati contestati più di 22 reati, tra cui varie forme di peculato, truffa aggravata a danno dell’Unione europea. E poi è stata riconosciuta l’associazione a delinquere con altre 4 persone. Spiegano i pm: “non era sotto processo l’accoglienza, ma la violazione di norme di legge. Se usi il denaro dello Sprar per fini privati, si configura un reato. Se non restituisci i soldi in eccedenza, è un reato”.

Il circuito che connette gli “amici” e disconnette troppo spesso persone di valore, conta figli allampanati, compagni di classe assunti con triplici incarichi, traversate atlantiche in barca a vela green all’andata ma poco green con il jet al ritorno, ONG colluse con gli scafisti, sardine e pesciolini abbandondati per una bella poltrona importante. Delle ultime ore, pseudo giornalisti che si improvvisano 007 e amici di calcetto per fottere il prossimo. Per non scordare partecipanti a reality ora pronti a dettare legge sulle regole della pandemia.

E l’ideale? No dai, ora non serve, più avanti vediamo. Se ancora questo o uno nuovo con un nuovo guru.

Il procuratore (e anche noi a dire il vero) non si spiega le polemiche “per un processo basato su carte e fatture false difficilmente controvertibili, non su testimoni più o meno credibili”. Riconosce a Lucano “una mirabile idea di accoglienza”, ma gli contesta di averla “riservata a pochi eletti che avevano occupato le case”. A dispetto della norma che prevedeva un avvicendamento periodico dei migranti, “lui manteneva sempre gli stessi, sottomessi. Gli altri li mandava nell’inferno delle baraccopoli di Rosarno”. Altra cosa che non torna è che nonostante incassasse i fondi destinati ai corsi obbligatori di italiano, “non c’era un migrante che lo parlava”. E al di là “dei murales e di qualche casa diroccata, gli alloggi destinati ai migranti venivano abitati dai cantanti invitati per i festival”. Il che spiega, secondo il procuratore, perché “non ho mai visto tanti migranti manifestare in suo favore. Tutto era organizzato per favorire varie cooperative locali, creare clientele, accumulare ricchezze, beneficiare di indotti elettorali”.  Certo Lucano non si è arricchito, “anche se nella sede di una cooperativa avevamo trovato una cassaforte nascosta e svuotata, non credo per custodire la merenda”, ha continuato il magistrato. D’altronde “c’erano abbondanti somme distratte. Soprattutto ai migranti, che erano vittime dei reati di Lucano e non certo beneficiari”.

Qui il problema non è la politica, né i partiti o gli schieramenti. Il messaggio che va mandato ai giovani, ai ragazzi, a chi vede e legge le cose di oggi, è che per fare qualsiasi cosa, per raggiungere un obiettivo e diventare un leader, un riferimento, e soprattutto per ricoprire incarichi importanti, si deve fare la gavetta. Si deve mangiare strada, sudare, macinare fatica. Sentire la sabbia in bocca che non ti fa respirare.
Se vuoi fare il sindaco devi farti la circoscrizione e seguire i consigli.
Se vuoi fare il politico devi sapere cosa sono i decreti legge, chi è Gramsci, chi Almirante, cos’è la democrazia.
Se vuoi fare il medico non puoi ridicolizzare chi la pensa diversamente da te, bisogna capire come sei arrivato dove sei, se hai salvato gente, non basta la cravatta di Marinella e il fazzolettino nel taschino.
Se vuoi fare l’opinion leader dei giovani non puoi arrivare dalla capanna di Heidi a 18 anni e permetterti di deridere i capi di stato, perché qualcuno forse ha deciso di sfruttare la tua probabilmente genuina passione per altri scopi (politici evidentemente).
Ditelo ai vostri figli, ai nipoti, ai giovani che vi circondano. Per ogni obiettivo ci deve essere fatica. Per ogni promozione impegno. Per ogni ruolo la gavetta. Per ogni lavoro lo studio.
Il capitano di una nave ferma in porto lo sappiamo fare tutti. Il problema è tenere il timone saldo quando la tempesta si fa grossa e le onde alte. E lo puoi fare se hai calli sulle mani e rughe di fatica.
Sennò la nave al primo vento si rovescia, chi ha mani linde e occhi riposati non è pronto, perché il pericolo è che diventi burattino, messo inconsapevolmente sul palco per racimolare consensi e far divulgare “il verbo”, quello che si ritiene il pensiero giusto, credendo di essere dalla parte degli “eletti”.
L’esperienza rende liberi, il lavoro nobilita l’uomo, la fatica ti rende saggio.
Il resto sono moralizzatori arroganti che al primo scivolone, alla prima ondata, cadono senza potersi rialzare, spesso finendo in fondo al mare dimenticati, come i bronzi di Riace.

 

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