Boccassini e Falcone: un amore mai nato che non andava pubblicato

Ilda Boccassini era innamorata di Giovanni Falcone? Lo ha scritto lei, nero su bianco, raccontando di un volo aereo con il giudice la cui statura si esprime nelle migliaia di fotografie appese nelle scuole, negli uffici di chi vive legalità e giustizia come valori inestimabili, nelle stanze di chi ci crede ancora oggi, e di altri presunti incontri con tanto di “leggere” allusioni, pesanti quanto le cariche di tritolo che trasformarono Capaci nella sua tomba.

Falcone era innamorato di sua moglie e tanto. Tra loro c’era un’intesa straordinaria, incommensurabile, una scelta di vita condivisa fino alla decisione di non avere figli perché uniti in una missione la cui conclusione a loro era nota ancor prima che a tutti noi. Loro sapevano… Se lo sentivano nelle ossa Francesca e Giovanni, un uomo e una donna che non smetteremo mai di ricordare e forse non riusciremo mai a capire fino in fondo, per la loro scelta di vita eroica, giusta, combattuta, fino all’ultimo respiro.

È per questa ragione che resterò sempre fermamente convinta che Giovanni Falcone e Francesca Morvillo abbiano vissuto un amore potente, indissolubile, inattaccabile. Un amore sul quale non si dovrebbe neppure pensare di sollevare il minimo dubbio, così come giustamente dalla Fondazione Falcone ci è stato risposto che non è necessario fare alcun commento in merito, “perché non c’è nulla da commentare”. È per questa ragione che credo che il volo di cui parla la dottoressa Boccassini sia più che altro un volo pindarico che, ad ogni modo, non avrebbe mai dovuto atterrare con pesanti ruote d’inchiostro su una pista di carta.

Vivere con il dolore del ricordo di una persona uccisa per il suo valore, per il suo dovere, è qualcosa di inspiegabile e di difficile comprensione. È come un fruscio che disturba una trasmissione radio. All’inizio è forte, così deflagrante da non farti sentire nulla. Via via si affievolisce, ma non scompare mai del tutto. Lo ho compreso negli ultimi anni, vivendo al fianco di mio marito, dei miei suoceri, che lo hanno vissuto sulla loro pelle. Ho imparato il rispetto per quel dolore, la delicatezza che si deve al ricordo di chi ha donato la vita per il paese, per la giustizia, e all’animo profondamente ferito di chi resta.

Ci vuole rispetto, per la vita e per la morte dei nostri eroi. Ci vuole rispetto per l’amore che ci hanno insegnato con il loro sacrificio, per il loro vissuto, per i loro sentimenti e per la voce che non hanno, purtroppo più, per rispondere. Ci vuole rispetto per chi li ha amati, vissuti, supportati e confortati, e che ancora oggi crede di non averlo fatto abbastanza. Ci vuole rispetto, punto.

L’amore, quello vero, è delicato come un fiore silenzioso posato su una tomba, lontano dal peso delle presse che stampano copertine di libri. Il vero amore ha rispetto della persona, della sua intimità e del suo ricordo. L’amore vero ha rispetto per l’amore stesso e se non è mai stato confessato, dovrebbe avere il coraggio di non farlo quando l’altra persona che non ha mai risposto “si, anche io”, oggi non può più farlo.

Mano nella mano, ovunque siano, Giovanni e Francesca sono l’incarnazione di quell’amore, il loro. 

Valentina Rigano

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