Caso Astrazeneca, l’inchiesta di Report sulla trasparenza e la comunicazione in Italia

Per quale motivo è stata citata la bilancia rischi benefici relativa alla fascia d’età 50-59 anni per autorizzare gli open day con i vaccini a vettore adenovirale per tutti i soggetti over 18? È questa la domanda cardine dell’inchiesta di Claudia Di Pasquale per Report, andata in onda sulla Rai il 25 ottobre.

Il servizio si apre con una disamina puntuale dell’evoluzione dell’impiego del vaccino Astrazeneca a partire dall’Inghilterra, nazione culla del vaccino a vettore adenovirale, nato dalla collaborazione dall’azienda britannica con l’università di Oxford. Il primo ad essere intervistato da Di Pasquale è Andrew Pollard, direttore Oxford Vaccine Group dell’università, il quale sull’immunità di gregge afferma che sia di fatto impossibile, perché “ormai sappiamo che il virus e le nuove varianti, come la Delta, possono contagiare anche le persone vaccinate” che quindi non sia possibile “fermare questo virus con la vaccinazione”, seppur si possa “fermare la malattia grave” ma “proteggere chi non è vaccinato”. Pollard conclude che “questo virus sarà con noi per decenni e proteggersi significa vaccinarsi”.

Tornando ad AstraZeneca, vaccino sul quale ha puntato tutta l’Europa con tanto di ordine da 300 milioni di dosi, dal costo ridotto e con la promessa di una efficacia al 90-95%, il servizio mette in evidenza gli errori di “comunicazione tra le autorità sanitarie e i cittadini, l’approssimazione nella raccolta dei dati”, come rimarcato dal conduttore Sigfrido Ranucci.

Come ha spiegato Pollard nel corso della puntata, il 23 aprile 2020 sono iniziati i primi trial clinici, mentre a giugno è stata avviata la sperimentazione su 24 mila persone tra Regno Unito, Brasile e Sud Africa. Avendo incluso solo il 12,2 % di persone over 56 nella sperimentazione i cui dati sono stati poi resi noti, l’Italia ha designato Astrazeneca solo agli under 55.

A marzo però i primi casi di coaguli di sangue inducono alcuni paesi europei, Danimarca, Islanda e Norvegia, a sospendere l’uso del vaccino inglese, con tanto di ipotesi di palesi esagerazioni da parte dei suddetti Stati, a fronte della Brexit. In Inghilterra come mai nessuna segnalazione con migliaia di persone già vaccinate? Secondo una cronista del Telegraph intervistata da Di Pasquale è accaduto a causa della probabile incapacità degli algoritmi di usati per analizzare le segnalazioni, dopo l’uscita dal sistema di farmacovigilanza europea.

Sue Pavord, consulente ematologa dell’Università di Oxford, racconta a Report di aver pubblicato ad agosto ha pubblicato uno studio su 294 pazienti inglesi che avevano sviluppato una sospetta trombosi associata a piastrine basse dopo la vaccinazione, con un’età media di 48 anni.  Com’era possibile che nessuno dei cittadini inglesi inclusi nella sperimentazione avesse manifestato reazioni, seppur si tratti di casi rarissimi? Pollard risponde a Di Pasquale di non averne registrati, o che di fatto la trombosi, “cosa molto comune” non fosse stata “considerata correlata al vaccino”. Il servizio prosegue con diverse altre interviste di esperti, fin quando non rende noto che il Governo inglese, a fronte di una raccolta dati che dimostra come i benefici del vaccino diminuiscano man mano che scende l’età e che diminuisce il rischio di contagiarsi, di sospenderne la somministrazione ai giovani. In Italia, a marzo 2021, muore un militare italiano e questo induce al sequestro di un lotto, mentre contemporaneamente in Danimarca viene sospeso l’uso di Astrazeneca e poco dopo lo deciderà anche la Germania, che di fatto lo consiglierà solo agli over 60. Poi accade lo stesso ad un’insegnante, e secondo la testimonianza dei suoi parenti, allora il consenso informato non includeva le trombosi come possibile affetto avverso. Il 25 marzo il ministero della Salute cambia il consenso informato. Il 18 marzo l’Ema aveva dato parere positivo alla ripresa delle vaccinazioni, definendolo sicuro ed efficace.

In Italia, ricorda il servizio di Report, Astrazeneca è stato prima raccomandato per gli under 55, poi agli  under 65, poi è stato sospeso per soli tre gioni e poi dal 7 aprile per gli over 60.  Il 12 maggio il Cts ha dato il via libera agli open day, citando le analisi del Winton Centre for Risk di Cambridge, ma tenendo in considerazione solo i dati relativi alle fasce di età dai 50 ai 59 anni, dimenticando di includere anche i dati relativi ai giovani, dove le incidenze, per quanto basse, cambiano.  Come mai? Dopo la morte della 18 enne Camilla Canepa, stroncata a poche ore dalla prima vaccinazione durante gli Open Day, l’Italia ha definitivamente sospeso la vaccinazione Astrazeneca per gli under 60.

Guido Rasi, direttore esecutivo Ema dal 2015 al 2020, ha definito i dati Aifa “disallineati” rispetto alle altre agenzie europee, senza però sbilanciarsi sulla definizione. A chiudere la disamina sui dati è Giuseppe Nocentini, della Società Italiana di Farmacologia, il quale ha spiegato a Report di aver “messo insieme i fenomeni trombotici, qualsiasi fenomeno trombotico, e qualsiasi fenomeno trombocitopenico, usando la banca dati europea che si chiama EudraVigilance, che è una banca dati pubblica”, con il risultato di “un evento avverso grave, in un caso su 9 mila vaccinazioni”, relativamente a segnalazioni spontanee che vanno ovviamente verificate una per una.

 

La nostra opinione

L’inchiesta di Report ha portato alla luce quello che tante altre realtà cercando di comunicare da oltre un anno, ovvero la mancanza di trasparenza e gestione della comunicazione durante la pandemia. Vaccinarsi è fondamentale, ma come si può pretendere la fiducia delle persone quando si commettono errori di valutazione che, seppur con eventi rarissimi, possono essere causa di rischio per qualcuno?

Non c’è stato un “ci dispiace abbiamo sbagliato”, un discorso a reti unificate per raccontare una lettura parziale di dati o una precisa scelta a fronte di incidenze di rischio bassissime… Nulla, il silenzio. E così ancora persiste un drammatico silenzio nei confronti di coloro che hanno sviluppato reazioni avverse non fatali, che oggi si sentono abbandonati a loro stessi, senza risposte e senza supporto.

Un paese civile avrebbe dovuto prevedere tutta una serie di misure che, ancora oggi, non ci sono. Dirlo è un dovere, fingere che non esista il problema aumenta solamente la disaffezione e la sfiducia.

 

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