Riaperte le indagini sul “Cold Case” di Nada Cella, trucidata nel 1996

Riaperte le indagini “Cold Case” per la morte di Nada Cella, la segretaria di 25 anni trucidata a botte a Chiavari nel 1996, nello studio professionale dove lavorava. Iscritti nel registro degli indagati della Procura di Genova, come ha reso nota l’Ansa, sono finiti Annalucia Cecere, sospettata di omicidio, e l’ex datore di lavoro della giovane, Marco Soracco, unitamente alla madre, per false dichiarazioni.  Per la riapertura del caso verranno effettuati prelievi e test del Dna, che verranno eseguiti dal pool che si è occupato del caso di Yara Gambirasio. L’ardua impresa è partita grazie all’impegno della criminologa Antonella Pesce, la quale su incarico dei legali della famiglia Cella, ha spulciato ogni singolo passaggio dei fascicoli giudiziari, alla ricerca di indizi tralasciati in passato.

La mattina del 6 maggio del 1996 Nada si trovava al lavoro, nello studio di Soracco, commercialista di Chiavari, quando fu aggredita con un pesante oggetto e colpita ripetutamente alla testa. A trovarla in fin di vita fu proprio il suo datore di lavoro, il quale chiamò i soccorsi e le rimase accanto fino al loro arrivo. Qualche ora dopo la venticinquenne morì all’ospedale San Martino di Genova, dove nulla poterono i medici contro i gravi traumi subiti. Le indagini allora non portarono a nulla, sia per la contaminazione della scena del crimine che per la mancanza di intercettazioni telefoniche, e nel 1998 il caso fu archiviato.

A seguito delle nuove indagini guidate dalla Procura genovese, Annalucia Cecere, oggi 53 enne, agì per gelosia dopo essersi invaghita del suo allora titolare, Soracco, che a sua volta invece sarebbe stato innamorato di Nada. Lui, nonostante avesse presumibilmente visto la Cecere lasciare l’ufficio prima di scoprire la sua segretaria in una pozza di sangue, avrebbe omesso di renderlo noto agli inquirenti. Tra gli elementi che hanno riportato all’apertura del caso, alcuni bottoni di una giacca che Cecere custodiva in un cassetto, identici ad altri trovati sotto il corpo di Cella, sul luogo del delitto, unitamente alla testimonianza di due persone che ricordano di averla vista nella via dove aveva sede lo studio, all’ora del presunto omicidio. La madre di Nada, rimasta vedova tre anni dopo la morte della figlia, attende la verità.

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