La presunzione di potersi appropriare di abiti e denaro di coetanei “con i soldi” e la spregiudicatezza di chi si atteggia da “gangster” da film, tanto da minacciare e picchiare un gruppetto di ragazzini ed assicurarsi l’impunità. Agivano così otto minorenni arrestati dai carabinieri a tra le province di Monza e Lecco, inchiodati da un’indagine tecnica coordinata dalla Procura per i minorenni di Milano, insieme ad altri tre coetanei e un minorenne, per dodici episodi di aggressione, alcuni sfociati anche in rapina, messi a segno a Besana Brianza (Monza), tra il centro storico e il parco cittadino.
L’agire del gruppo di otto minorenni arrestati
Il cappuccio della felpa tirato sul volto, le spallate l’uno con l’altro per darsi il via e accerchiare quei giovanissimi che, invece di essere visti come amici o compagni di pomeriggi al parco, erano per loro solo delle “prede” da vessare e spaventare. Emerge questo dalle ore ed ore di filmati raccolti dalle telecamere nascoste sistemate nel parco dai carabinieri della Compagnia di Seregno (Monza), a seguito di una prima denuncia nel dicembre scorso. Otto ragazzini di età compresa tra i 15 e i 16 anni trasformati in baby gang che, forse per invidia, forse per mancanza di solide basi educative, sono divenuti violenti nei confronti di un gruppetto di quindicenni che avevano la sola “colpa” di aver scelto il loro stesso parco per ritrovarsi dopo la scuola. A far partire l’inchiesta è stata l’aggressione ad un ragazzino che, braccato da cinque degli indagati, è stato accerchiato e minacciato con un acciarino e poi rapinato dei 30 euro che aveva in tasca, nel parco “Villa Filippini” di Besana Brianza. Il giorno successivo il gruppetto si è ripresentato nel medesimo parco, dove ha costretto alcuni coetanei e amici della prima vittima dell’aggressione a spogliarsi di scarpe e indumenti, pretendendo tutto il denaro che avevano in tasca, dopo averli spintonati e minacciati. “Io rubo tutto quello che mi piace, tanto voi avete i soldi”, ha affermato uno dei baby aggressori in quell’occasione. Un’altra analoga aggressione si poi consumata anche il giorno dopo. Trascorsa meno di una settimana la baby gang ha poi aggredito, nel centro del comune brianzolo, un altro minorenne dello stesso gruppo che stava passeggiando con il nonno, mentre una ventina di altri ragazzini hanno osservato la scena incitandoli a colpire più forte. “Rissa, dai rissa”, hanno urlato alcuni dei presenti. Nemmeno ventiquattro ore dopo, quando alcuni genitori si erano già recati in caserma a sporgere denuncia, la banda dei minori, unitamente ai quattro denunciati (di cui uno solo maggiorenne), ha organizzato una vera e propria spedizione punitiva nel parco, per minacciare i già bersagliati coetanei per sincerarsi non fossero davvero andati a chiedere aiuto alle forze dell’ordine. “Che c…o fai il mio nome agli sbirri”, ha detto uno dei giovanissimi, “se fai il mio nome agli sbirri ti entro in casa e spacco tutto, non sto scherzando”, gli ha fatto eco un altro degli indagati. In tre quel pomeriggio sono finiti in ospedale con varie contusioni ed escoriazioni, dal quale sono stati dimessi con prognosi di sette giorni. Per gli 8 destinatari della misura cautelare il Gip ha imposto anche il divieto di utilizzare social network, l’utilizzo di internet o apparecchi cellulari con persone diverse dai propri familiari. “Il fatto che le condotte predatorie fossero rivolte a minorenni della stessa fascia di età, attraverso il medesimo schema operativo, denota una particolare spregiudicatezza e spiccata propensione alla trasgressione della legalità” è la conclusione del Gip Marina Zelante, a seguito della richiesta di custodia cautelare avanzata dal pubblico Ministero.
La nostra opinione
Quando i “no” spariscono dall’educazione, ecco che la violenza e la prevaricazione, condita da invidia, si fondono dando luogo a comportamenti gravemente antisociali, da parte di giovani e giovanissimi.
La voglia di possedere cose che non si posseggono, la pretesa di poterle rubare ad altri perchè “tanto hanno i soldi”, come se quel denaro quelle famiglie lo avessero rubato o non se lo fossero guadagnato, è davvero sconcertante. Oggi i nostri figli non sono più abituati a sentirsi dire “no”, “non si può”, bisogna “fare dei sacrifici”. Chi ha le possibilità spesso non si frena e concede quanto richiesto ai figli, con il risultato che costoro si aspettano che tutto gli sia dovuto, chi le possibilità non le ha tende a prendersela con chi le ha, facendo intendere che ci siano sempre e solo ingiustizie (e per carità, ci sono), e che chi si può permettere uno stile di vita diverso dal nostro sia da odiare e invidiare. Quando queste condizioni si verificano, a fronte di figli a cui non sono state insegnate le regole, il rispetto per l’altro, il “no” che non fa sconti o non da possibilità di contrattare a suon di capricci e lamentele, ecco che il bullo insito nell’animo di chi si vuole sentire “grande e forte” si esprime nel suo peggior modo. E’ chiaro che un comportamento come quello di questi otto giovani non poteva restare impunito, perchè chi sceglie la strada criminale, non importa a quale età, è giusto che si prenda la responsabilità di ciò che ha fatto e ne paghi le conseguenze, ma poteva essere prevenuto. Se la scuola avesse più potere di denunciare, intervenire, anche nell’educazione dei ragazzi, dove a casa questo non avvenga, forse certe derive si potrebbero aiutare. Se i genitori tornassero a fare i genitori, invece di delegare al caso, alla tv, ai videogiochi o alla strada la vita dei figli, forse i ragazzi a rischio lo sarebbero di meno.
I no sono indispensabili, le regole sono fondamentali, chi continua ad affermare il contrario è perchè il genitore non ha voglia di farlo.