La preside del Montale, la gogna mediatica e la non notizia

Una gogna mediatica ingiustificata, una donna fatta a pezzi in quanto tale e come professionista, per una presunta “tresca” con uno studente maggiorenne, su cui l’ispezione ministeriale ha indagato concludendo con un “non luogo a procedere” perché non è stato commesso alcun illecito. Questo è quanto toccato a Sabrina Quaresima, 49 anni, preside del Liceo Montale di Roma, il cui viso da settimane rimbalza sulle prime pagine dei giornali, con accuse infamanti e per nulla provate. Lei, tramite tv, in una lunga intervista spiega la sofferenza e l’umiliazione subite, che non si sono nemmeno placate oggi, a indagine conclusa, “segno che qualcuno non sia ancora soddisfatto”. Non finirà qui, evidentemente, perché le scritte oltraggiose che la riguardano, spiaccicate sui muri da mani ancora ignote, dovranno essere ricondotte all’autore che se ne assumerà la responsabilità.

 

LA MIA OPINIONE

Una donnaccia, mangiatrice di giovani uomini, di tutto e di più è stato scritto su questa professionista che, badate bene, anche avesse avuto una storia con uno studente maggiorenne, non avrebbe commesso alcun reato. Si, forse eticamente non sarebbe stato il massimo, ma di certo non un reato. Eppure la sua faccia è stata sbattuta in prima pagina senza alcuna ragione, senza che fosse accusata di nulla formalmente. Dovete sapere che oggi, grazie ad una modifica assurda voluta dal Ministero della Giustizia, ogni notizia relativa a un reato deve passare al vaglio del Procuratore Capo, prima di essere pubblicata. Per qualcuno una bella notizia, per chi fa il nostro mestiere no perché significa restare senza conferme ufficiali per ore o per giorni (per chi il lavoro lo fa seriamente) quando prima le fonti autorizzate ufficiali erano molte di più. Ottenere la fotografia di un assassino reo confesso è un’impresa epica, eppure la foto della professoressa è finita sui giornali in un lampo, mentre quella dello studente maggiorenne che l’avrebbe accusata, mai vista. Non si conosce neppure il suo nome. Come la mettiamo? Tralasciando lo sciacallaggio mediatico operato sulla vicenda, trovo questo accanimento un’altra forma di violenza sulle donne. L’accusa senza neppure avere le prove, il giudizio ancor prima di conoscere i fatti. Cari colleghi, stavolta l’avete fatta grossa e spero che la signora abbia il risarcimento che merita.

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