Di Max Rigano
Recentemente, durante un servizio delle Iene, nota trasmissione Mediaset, un giornalista, Filippo Roma, si aggirava nei pressi della Camera dei Deputati domandando ai parlamentari chi fosse stato il Primo presidente del Consiglio italiano.
Nessuno lo ricordava (Alcide De Gasperi) ma quando ha incontrato un deputato preparato (Galeazzo Bignami, di Fratelli d’Italia) e si è sentito porre il seguente quesito – del Regno d’Italia o della Repubblica italiana? – lo stesso giornalista è rimasto sorpreso. Lui del Regno d’Italia non sapeva nulla, né tanto meno ricordava che Camillo Benso di Cavour fosse stato il primo presidente del Consiglio dopo l’unità Nazionale raggiunta il 17 Marzo 1861.
Perché accade tutto questo? Come possono membri della Camera non sapere chi per primo abbia occupato lo scranno più alto di Palazzo Chigi?
E come può un giornalista che va cercando la dimostrazione dell’insipienza dei neo parlamentari non comprendere l’incongruità del proprio quesito?
La risposta è semplice.
Perché il nostro sistema scolastico non insegna come imparare ad apprendere, e a mantenere ciò che abbiamo acquisito. È cosi che dimentichiamo quanto abbiamo assimilato. Ed è per questo che l’analfabetismo di ritorno e quello funzionale, sono la diretta conseguenza di un modello diventato sistema.
A scuola, al liceo, all’università. E poi in Parlamento, nelle commissioni, in Confindustria, insomma lì dove le decisioni contano.
Uomini e donne nei palazzi del potere faticano a leggere in italiano, a parlare con un glossario adeguatamente forbito e competente. E soprattutto a capire quello che ascoltano o che leggono.
Vale per tantissime categorie professionali. Compresi i giornalisti, i medici, gli ingegneri.
È per questo che molte leggi, appaiono incomprensibili. Sono scritte più con i piedi che con la testa. Ed è sempre per questo che nelle scorse settimane Massimo Garavaglia, sottosegretario all’economia, rivendicava in un’intervista a ZAPPING su Radio Raiuno che gli oltre 44 rilievi della ragioneria di Stato all’ultima manovra di bilancio, erano meno dei 55 del governo Draghi.
È diventato fisiologico considerare normale faticare ad apprendere; e legiferare in modo improprio le regole che dovrebbero essere l’asse democratico di una nazione come l’Italia.
Come uscire da questa condizione.
Siamo stati capaci di scalare le vette del cielo fino ad approdare sulla luna; oggi facciamo addirittura viaggi interplanetari. Con la domotica possiamo programmare la nostra casa a distanza, accendendo o spegnendo,dal nostro ufficio e a decine di chilometri di distanza, il riscaldamento; con la stessa tecnica possiamo attivare o disattivare un forno. Con la telemedicina possiamo controllare decine di parametri vitali, intervenendo in tempo reale se qualcuno di essi va fuori scala. Eppure per apprendere, nelle scuole di primo grado come negli atenei, continuiamo a usare sempre gli stessi modelli.
Sottolineiamo e ripetiamo. A volte ci aiutiamo con qualche schemino riassuntivo. Alleniamo la nostra memoria: ma in modo sbagliato. Semplicemente perché non conosciamo la nostra mente, né come essa funziona.
Cinque anni fa ho conosciuto Massimo De Donno. È il fondatore di una scuola di apprendimento nata più di tredici anni fa. Grazie ad un lungo processo di ricerca,coadiuvato negli anni dal Cnr De Donno e la sua azienda hanno dimostrato che l’apprendimento è fortemente legato alla metacognizione.
La metacognizione
Sviluppare processi metacognitivi significa insegnare come si può imparare ad apprendere. Significa avere la consapevolezza delle strategie attuate nello svolgimento dei processi cognitivi: come memoria, apprendimento, attenzione, elaborazione.
È stata una scoperta incredibile. Ho testato il metodo e la modalità con cui s’è giunti alla sua applicazione. Comprendendo come pensa il mio pensiero, come funziona la mia mente, sono oggi in grado di apprendere più velocemente, qualunque cosa decida di studiare. Qualunque sia la materia che decido di affrontare, Biologia o Diritto, scienze delle comunicazioni o delle costruzioni, una lingua come l’inglese o il russo, posso apprendere non solo in modo rapido; ma in modo perenne ciò che acquisisco tramite lettura o seguendo una lezione.
Non è solo questione di metodo o di mezzi. Non sono cioè solo la lettura veloce, o le mappe mentali, che pure sono strumenti di grande efficacia, a fare la differenza.
Quello che muta lo scenario è l’indagine che viene fatta, quale premessa all’approccio cognitivo di un testo: sia esso universitario, oppure un testo teatrale. De Donno, infatti, in questi anni ha coniugato alle tecniche di apprendimento, quelle metacognitive. E attraverso l’uso di test Amos, acronimo di Abilità e motivazione allo studio, ha compreso quanto fondamentale sia la motivazione nel momento in cui si allena la mente.
Immaginate Roger Federer e il suo colpo da sotto, quello in cui fa passare la pallina da tennis sotto le gambe, in diagonale. Per arrivare ad avere tali prodigiose qualità, che lo hanno indotto a competere e primeggiare per due decenni, molto ha contato la sua motivazione ad eccellere. La mente cioè ha bisogno di allenamento continuo, stimoli e di risultati.
Oltre che su di me, è quindi sugli effetti prodotti sui più giovani che ho voluto indagare.
Quando ho elaborato gli esiti degli studenti che ho potuto seguire nel loro corso di apprendimento, ho a mia volta cominciato a comprendere come ciascuno di loro assimila.
Dopo aver osservato la mia personale capacità mnemonica, moltiplicarsi, ho capito.
In questi ultimi anni, frequentando per lavoro le scuole, ho visto studenti demotivati e pronti ad abbandonare gli studi, che hanno radicalmente cambiato atteggiamento.
Soprattutto quando nel loro percorso scolastico dopo essere stati azzoppati da giudizi sferzanti di professori esigenti, restano senza prospettive e soprattutto senza autostima
Ricominciando a studiare con gioia, toccando con mano come la comprensione del proprio modo di apprendere semplifichi la vita, molti studenti hanno cambiato marcia. In pochi anni mutano il loro profitto, ma soprattutto i loro comportamenti facendo segnare risultati clamorosi. Il sottoscritto – per esempio – ha aumentato la propria mole di lavoro, dimezzando i tempi per apprendere. Tecnicamente significa che lavoro di più e meglio e che la mia partita Iva forfettaria, sebbene con sbarramenti e soglie (elevate da 65000 Euro ad 85 mila euro per pagare con un’unica aliquota, le tasse, al 15%) può provare a sfidare le proprie abilità. Non la sorte, che nulla ha a che vedere con l’esito dei miei risultati, i quali semmai dipendono da una capacità tecnica, professionale ed intellettuale.
Poi ho visto con i miei occhi i risultati raggiunti dai ragazzi che adottano il metodo dopo aver testato il proprio livello di apprendimento.
Si laureano in corso (alcuni anche prima) e la media dei voti è piuttosto alta. Di più: li ho visti riunirsi in gruppi di studio in alcuni degli uffici di Genio net, la società di De Donno, anche il venerdi. Studiano insieme anziché andare fuori a divertirsi. Perché per loro il divertimento è studiare quello che vogliono imparare. È l’effetto che fa il poter dominare una materia che sino a poco prima ti appariva insormontabile.
De Donno ha costruito “scuole” di apprendimento in tutta Italia. Ci sono oltre 30 agenzie in tutto lo stivale. 12 sono in Spagna, 4 in Gran Bretagna, 2 negli Stati Uniti. Frequentate tutte, quella italiane, da ragazzi giovanissimi della scuola superiore secondaria e universitari. Da tempo sono nate anche le aule per professionisti, che vogliano continuare ad imparare ad apprendere. Come significativamente indica anche l’ultima manovra di bilancio, la formazione è necessaria e continuativa anche per chi il ciclo di studi lo ha concluso. Il mercato evolve di continuo.
Le aule sono gestite in molte circostanze da ragazzi giovani, laureati, neolaureati a volte anche semplici diplomati.
Osservare giovani che studiano con voluttà, in un paese in cui è diventata una carriera quella di velina, è uno straordinario progresso.
Il piacere di apprendere diventa una passione
Se puoi studiare qualunque materia con profitto, costruisci una generazione di ragazzi soddisfatti di se stessi. Se lo studio diventa una moda, un modo di essere, attraverso cui ciascuno esprime la propria identità , allora preconizzi la formazione di una classe dirigente futura in grado davvero di elaborare la complessità.
Soprattutto: prepari l’uscita dalla dimensione dell’apparire, quale paradigma di vita, e l’affrancamento dallo stereotipo della generazione selfie, perennemente attaccata al cellulare, che sembra diventa un processo irreversibile. Restituendo competenza e coscienza di sé.
Questa condizione consente di scavallare quel disagio di prossimità in cui si trasforma spesso la scuola, dove molti giovani si sentono alieni ed alienati. Capire di poter studiare qualunque cosa si ami determina una leggerezza dell’essere che rovescia la colpa ‘dell’inabilità allo studio’ avallata dalla scuola selettiva, che colpevolizza e marginalizza chi resta indietro.
Vincere il disagio di prossimità che diventa esclusione e solitudine, è il vero valore aggiunto dell’imparare a capire come si apprende.
Il gaming
L’altro grande capitolo che Genio net, pone in essere è il superamento, lo sconfinamento culturale, della valutazione dello studente. Non è stigmatizzando e colpevolizzando il rendimento di una prova che alimenterò la passione per lo studio. Al contrario, è il tracciato professionale dell’esperienza di De Donno, viene testata da migliaia di studenti ogni anno una modalità diversa: se riesco a trasferire le necessarie competenze attraverso delle prove abilitative, in forma di gioco, come lo sono i livelli di certe prove sulla playstation o più in generale nei videogiochi, otterrò “l’effetto tennis”. Immaginate di aver provato e riprovato prima il diritto con la vostra racchetta e poi il rovescio, fino a saperlo fare con adeguata competenza ed efficacia, divertendovi. Sarà allora che ricercherò la perfezione. Perché sfidare i miei limiti, se avviene senza giudizi e con la consapevolezza che, aggiustate alcune impostazioni, il colpo di rovescio come un’equazione di secondo grado in matematica, posso acquisirlo e farlo mio, allora studiare diventa un piacere, una sfida a migliorarsi.
L’uso dei voti crea infatti intere platee di studenti che, con sufficienze stiracchiate, hanno imparato una materia conoscendola per sei decimi. Significa che si trascineranno quelle lacune per il triennio o il quadriennio successivo. Rallentando la loro capacità d’imparare e quella dei loro compagni di classe. E a furia di sbattere sul muro dell’insufficienza o della sufficienza stiracchiata, non riusciranno a mitigare quella sensazione di studiare qualcosa che non padroneggiano e che li farà sentire inadeguati, sbagliati, fino ad incidere sulla loro personalità. Non possiamo creare schiere di esseri umani afflitti da un senso di inadeguatezza. Perché la scuola deve insegnare ed includere.
Cosi si supera la stigmatizzazione della ‘generazione da divano e reddito di cittadinanza’. Che abbiamo creato noi, con questo tipo di mentalità e di scuola. Mentalità che finalmente può e deve cambiare. Con un passaggio, un salto, verso valori nuovi, diversi,che esaltino la nostra capacità di comprendere, anziché avvalorare la tesi per cui la competizione, l’afflizione, e persino l’esclusione siano un modo sano di far crescere un essere umano.
Non è facendo sentire sbagliata una persona e magari isolandola che fai qualcosa di utile per la comunità. Nè tanto meno per il mondo del lavoro e della scuola.
Non è il 6 politico che aiuterà uno studente a crescere e a diventare un professionista. Lo sosterrà il sapere che avvicinarsi allo studio di ciò che sente giusto per sé gli offrirà l’opportunità di intraprendere la professione che desidera.
Rifiutando la logica per cui si debba essere contenti di avere il primo lavoro che ti offrono purché pagato come da contratto nazionale. Non è creando una generazione d’insoddisfatti che avrai un paese felice.
E un governo, questo, lo dovrebbe sapere. Non è cancellando i sogni che assolvi ai doveri di una democrazia. Aspirare alla realizzazione dei propri ideali e dei propri sogni è il motore di qualunque vita umana. A destra, a sinistra, e al centro.
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