8 marzo, una giornata come le altre per dirti che sei importante

Una mattina storta, di quelle dove ti svegli e sei già stanca, devi correre per finire le prime cose di lavoro entro le 7.30, orario in cui si sveglia tua figlia Serena che devi portare a scuola… Ricordi quando eri tu a doverci andare, l’ansia di cosa indossare per essere “notata” e non sembrare una “sfigata”, ma non troppo, per non essere vista come “una di quelle”, perché poi “certe nomee non te le levi più”. Come Stefania, di cui hai sentito parlare sulle scale condominiali da Serena e Dalia, “quella là, è sempre stata una poco di buono, e infatti guarda sua figlia…“. Facile dare giudizi sulla vita di una donna.

E poi ci sono i piatti, il bucato, l’ufficio da sistemare, la spesa, il cartellino da timbrare in orario, non importa se Claudio ha la febbre, e sei stanca, quando lavori a quella macchina devi avere cento occhi, come fa la tua famiglia sennò, se ti succede qualcosa...

Quante lacrime nascoste, ricacciate in gola, per non fare vedere che hai paura, o perché tutti si aspettano che tu sia forte, addirittura a volte per chi lo pretende da te quasi fosse un dovere.

E i capelli sfatti, il sudore, la torta di compleanno da fare o da ordinare, le corse da un’attività all’altra di tutti coloro che vivono con te, ma per te non c’è mai tempo, o spazio o abbastanza denaro… Quello sguardo invece, quando stacchi distrutta per tornare nel tuo nido, costruito con tanto amore, di chi esprime pietà perché lo pensa vuoto, dato che dentro ci vivi solo tu. Il modo in cui ti fanno sentire meno donna, perché non sei madre, fatto spesso di falsa comprensione e banali frasi da biscotto della fortuna, se pensano che “non puoi“, fatto di sguardi sprezzanti e spesso invidia del tuo aver scelto per te stessa la tua felicità e realizzazione senza conformarti alle aspettative sociali, “se non vuoi”. 

Alla fine di giornate come queste, quando hai terminato una doccia calda che aspettavi da ore, ecco il tuo amico nemico, che ti ricorda con la tua immagine riflessa se la tua cellulite si veda tanto o sia diminuita, se il corso fitness/robotico/sensoriale/kinestetico/marziano abbia o meno avuto un esito tale da giustificare la spesa. Oppure guarderai laconica quella rivista dove le forme piene e floride ti faranno arrabbiare, per l’ennesima volta, perché per quanta palestra o dieta sana tu faccia, il tuo corpo resterà filiforme comunque. Oppure non avrai mai neppure il tempo di guardarti allo specchio, o non avrai neppure mai uno specchio a figura intera… E se quella superficie riflettente sarà innocua rispetto alla tua mente e la tua vita, magari sarà Francesco il tuo giudice.

Giudicherà come ti vesti, come mangi, come ti muovi, come parli, nel migliore dei modi sarà sempre una voce denigrante, una lotta costante a poter lasciare a te stessa un margine di potere decisionale sulla tua vita. Altrimenti saranno botte. E quando sarai stanca, e lo lascerai, quando capirai che non è giusto stare con lui, ci sarà chi ti penserà eroina e chi puttana, senza che nessuno sappia mai quanto ti è costata quella scelta, quanta fatica hai dovuto fare per ammettere a te stessa che avevi in casa un mostro, e chiedere aiuto. Quando non ci riuscirai, parleranno di te i giornali, perché neppure la legge è dalla tua, ma sempre prima dalla sua.

E avresti potuto essere felice, ma non ti è stato permesso… Avresti potuto scoprire la cura a una grave malattia, ma non ti è stato permesso studiare, o non c’era abbastanza denaro, o nel tuo Paese è vietato, o non hai voluto cedere l’ennesima ricerca al “barone” di turno e sei stata tagliata fuori.

Quando poi qualcuno di te leggerà sui giornali perché ce l’hai fatta, o perché ci scriverai e avrai il privilegio di un’opinione, non smetterai di essere mai bersaglio di frecciatine, giudizi, soprattutto se sei anche madre, e l’ignoranza altrui non smetterà mai di perseguitarti.

E tu? Sorridi.

Siamo coraggiose, forti, siamo meravigliose. Buona festa donne.

Valentina Rigano

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