Donne nel mondo, le brutalità religiose che vanno fermate

In Afghanistan le donne non potranno più frequentare l’università, in Iran le violenze sono quotidiane, solo ieri una ragazzina di 14 anni è morta dopo essere stata arrestata per essersi tolta il velo a scuola. “Emorragia vaginale”, il terrificante referto, eppure in occidente ancora oggi si persiste nel non voler ammettere che la religione, qualunque religione, continua nel nostro secolo ad essere utilizzata per manipolare e schiacciare le donne. Qualcuno ha intenzione di fare qualcosa o no???

“Sono simboli di cultura diversa che vanno rispettati”, quante volte abbiamo sentito pronunciare frasi di questo genere da “illuminate donne di cultura”, riferito al burqa?  E’ una palandrana che copre tutto il corpo, in alcuni casi mani e piedi devono essere coperti con guanti e calze scure, per non lasciare scoperto neppure un millimetro di pelle, e questa la vogliamo chiamare cultura? Si chiama prevaricazione, misoginia, oppressione, e sapete perchè? Perchè agli uomini non viene imposto e tanto meno chiesto di indossare la stessa cosa, perchè solo le donne devono nascondersi, non esistere, non mostrare i capelli, gli occhi, usare la voce e la mente, e quindi tanto meno studiare. Assistiamo in silenzio a questo tipo di maltrattamenti, di violenze barbare e medievali, che sì, certo, c’erano anche qui da noi, ma abbiamo fatto in modo di lottare per eliminarle e ci siamo quasi riusciti, per lo meno sulla carta. In metà dei Paesi del globo la donna vale zero, anzi meno. Vogliamo continuare a fare finta di niente?

Eh certo, perchè quei Paesi hanno risorse, preziose o umane, che qui da noi diventano “manodopera”, per usare un eufemismo, e allora non si può alzare troppo la voce… Però non chiamatela cultura, non chiamatela religione, perchè se questa è la religione, allora questa è il male, come lo era o è (a volte succede ancora) quando in una chiesa qualcuno parla di moglie che deve obbedire al marito, che non può scegliere nulla prima di sposarsi perchè è peccato.

Basta. Siamo stanche di assistere in silenzio a queste brutture, a queste ingiustizie, e vogliamo, anzi pretendiamo, che i nostri politici facciano la loro parte e la smettano di nascondersi dietro la comoda balla colossale della “cultura diversa”, perchè nessuna cultura può definirsi tale se si basa su abusi e prevaricazioni. Saman è morta in Italia, per una di queste “culture”, così come accade per molte donne uccise da mariti o ex compagni che non accettano di vederle andare via, ma in quel caso abbiamo (quasi) il coraggio di chiamare quell’agire con il nome corretto. L’applauso più grande va alle giovani e ai giovani al loro fianco, in questa battaglia difficile, di cui si parla troppo poco. Anche loro incarcerati e uccisi, torturati e seviziati per la libertà delle loro sorelle, amiche, fidanzate.

In Iran negli anni ’70, così come in Afghanistan, le donne erano libere, emancipate, le società rischiavano di bagnarci il naso, e poi il buio. Di nuovo. Pretendiamo di accendere la luce. Sogno il giorno in cui nascerà un movimento mondiale per le donne, perchè noi non abbiamo alcun padrone, ed è bene che questo concetto inizi a diffondersi a livello globale.

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