Sindacati, assalti, politica e il terzo incomodo

Non avevo messo ben a fuoco l’attenzione mediatica sulla vicenda assalto alla sede CGIL, una delle sigle storiche dei sindacati. Insomma, francamente, sono state assalite sedi istituzionali ben più importanti nel recente passato e non c’è mai stato tutto questo clamore. Il richiamo al pericolo fascista è servito chiaramente per accendere i riflettori.

Ma ora ho chiaro cosa sta accadendo.

Forse per la prima volta nel dopoguerra ci sono nuove entità, nuovi movimenti, ancora disorganizzati e tra loro non coordinati, che sono improvvisamente divenuti referenti e punti di riferimento del lavoratore. Qualcuno che effettivamente, senza chiedere oboli, iscrizioni e tessere si butta in piazza per difendere i diritti dei lavoratori.

D’accordo o meno che si possa essere con la galassia dei movimenti no green pass, questi stanno raccogliendo un crescente consenso tra i lavoratori, creando per la prima volta una frattura, forse insanabile, nel rapporto sindacato – lavoratore.

Oggi il sindacato sulla questione green pass (ma in realtà forse, sottobanco, da molto più tempo e su molti altri argomenti) si è schierato a fianco del datore di lavoro, del vecchio nemico, il padrone. Pensava forse di farla franca trascinando con sé i propri iscritti, quei lavoratori (sempre di meno peraltro) che credono ancora che il sindacalista sia colui che realmente tutela i diritti dell’operaio, per dirla all’antica.

Non si sono avveduti dell’arrivo improvviso di qualcuno che davvero vuole tutelare i diritti e le ragioni della “manovalanza”, di chi fatica. Qualcuno che non fa accordi sottobanco con il “padrone”, che non prende iniziative di comodo per evitare lo sciopero, che non accetta promozioni per evitare contenziosi.

Il covid 19 e tutto quello che si sta portando dietro in termini di provvedimenti di legge più o meno legittimi, sta probabilmente realizzando delle rivoluzioni negli assetti politici e di rappresentanza del nostro paese. Una sorta di concetto estremamente esteso di realpolitik – di politica concreta – riferita non solamente ai programmi dei movimenti politici, ma anche alle altre forme di rappresentanza, quelle sindacali in primis; un politica sindacale che diventi inaspettatamente realpolitik porta inevitabilmente il lavoratore ad affidarsi non più a vecchi sindacalisti un po’ radical chic ed ormai abituali commensali di ricche tavole imbandite e di comodi salotti romani, bensì a improvvisati (ma non per questo meno bravi) leader capaci di garantire una politica reale fondata sugli effettivi interessi del paese e sulla realtà del momento, ben distante dalle ideologie e dai sentimenti ormai vintage che attanagliano le sedi di partito e gli uffici dei sindacati.

Non escludo che sulla scia di questi movimenti ci possano essere sorprese nel futuro a medio breve termine anche nella vita politica più stretta.

Il fallimento evidente dei 5stelle può essere comunque utile per capire prima di tutto cosa non fare ma anche che volendo i voti si possono “spostare”: chi in questo momento sarà in grado di raccogliere, concretamente e realisticamente, le esigenze del singolo, dei cittadini, dei lavoratori e di tutti coloro che in questi anni si sono sentiti abbandonati dallo Stato (le percentuali imbarazzanti dei non votanti la dicono lunga) potrà essere un improvviso ed inaspettato nuovo soggetto, un terzo incomodo, quanto mai auspicabile a questo punto, nella vita reale di questo Paese.

Alias Giulio Cesare

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