Qualche anno fa, quando mi imbattei nel profilo di un uomo che aveva iniziato a vestirsi da donna, rimasi senza parole. Questo non perché lo reputi sbagliato o “contro natura”, semplicemente perché non riuscivo a comprendere come un uomo, eterosessuale, sposato felicemente, potesse sentirsi a proprio agio con gonna e tacchi. Ne apprezzai la forza, il suo desiderio di rivelare prima a sua moglie e poi al mondo intero, questa sua predilezione per l’abbigliamento e gli accessori “femminili”, con tanto di attacchi e critiche che se non ricordo male gli valsero anche il posto di lavoro. Immaginai se un giorno fosse stato il mio compagno a rientrare a casa dicendomi di voler provare le mie decolleté o un abitino, e sinceramente non credo sarei in grado di sentirmi a mio agio con questo cambiamento neppure oggi, ma mi domandai il perché. Di fatto, credo, sia tutto dovuto all’immaginario che ci portiamo dietro da generazioni, secondo cui uomo e donna sono attraenti e sensuali in modi differenti, con la conseguenza di accostare ad un capo o anche un colore, una determinata caratteristica della persona, finanche il suo carattere. Intendiamoci, trovo super sexy gli uomini con il kilt, ma è diverso da immaginare mio marito con un maglione rosa glitter.
Portando però la riflessione ad un piano diverso, più intimo, dobbiamo ammettere che uomini e donne, nelle singole categorie, sono diversissimi tra loro, a prescindere dal loro orientamento sessuale. Ci sono donne più vicine al “modello” femminile di una volta, donne più inclini alla professione e alla propria realizzazione personale che al sentirsi appagate dal fare le madri, e ancora donne imbattibili sul piano tecnico e meno su quello empatico, e così via. Lo stesso vale per gli uomini. Paradossalmente però, l’universo femminile, con tutte le resistenze del caso, ha apportato al suo interno tantissimi cambiamenti, riuscendo ad affermare le diverse sfaccettature dell’essere donna, mentre quello maschile molto meno. E allora oggi gli uomini ancora non si sentono a proprio agio ad ammettere al mondo di sentirsi più portati a fare i papà casalinghi piuttosto che i dirigenti, uomini che non sanno neppure percepire quel tipo di desiderio perché per educazione e cultura non gli è concesso neppure pensarlo, o a cui piacerebbe da morire indossare un maglione rosa glitter. Le gabbie mentali, convenzionali, culturali, sono ancora troppo spesse. Questo porta all’infelicità, al sentirsi intrappolati in ruoli e cliché che non ci rappresentano, che non ci lasciano liberi di esprimerci. Ecco, se questo fosse il motivo per cui oggi si sente la necessità, per qualcuno, di affermare di non sentirsi né uomo e né donna, o più uomo o più donna rispetto al proprio sesso biologico, io lo capisco. Comprendo la necessità di demolire del tutto il rosa e l’azzurro come colori distintivi di un sesso (di fatto io ho sempre amato molto l’azzurro e poco il rosa), per citare un esempio banale. Comprendo la necessità di voler affermare un proprio sentire che rispetto alla vita di tutti i giorni, dalle aspirazioni alle relazioni, possa e debba essere diverso dal passato. Questo però non può annullare ciò che siamo, ovvero maschi e femmine, a prescindere poi da quello che è il nostro vivere le relazioni affettive e sessuali o da coloro che con sacrosanto diritto non si sentono a posto nel corpo che la natura gli ha dato. Non significa però che un uomo possa, per legge, dichiararsi donna in base al proprio sentire, e viceversa.
Quando nel mondo ci saranno più uomini con i maglioni rosa glitter, per usare una metafora, allora forse avremo finito di dividere, per includere sul serio.
Valentina Rigano