Matias, ucciso a 10 anni dal padre per vendetta

Le leggi non tutelano le vittime di violenza, vanno cambiate

Morto a dieci anni, per mano del padre che, nonostante fosse obbligato da un provvedimento del Giudice a stare lontano dalla casa della moglie e fosse malato di Covid, lo ha raggiunto e lo ha colpito con una coltellata alla gola.

Mirko Tonkov, 44 anni, polacco, è stato arrestato dopo essere stato trovato esanime accanto al corpicino senza vita del figlio Matias, ieri a Cura di Vetralla, in provincia di Viterbo.

Secondo la ricostruzione dell’Arma dei carabinieri, che indaga sulla tragedia, l’uomo sarebbe stato ricoverato fino a ieri mattina in una struttura ospedaliera di Roma, perché malato Covid. Da chiarire come abbia fatto a lasciare l’ospedale, per arrivare sino a Vetralla, dove ieri mattina sarebbe stato visto vagare nei pressi della scuola elementare frequentata dal figlio. Più tardi si sarebbe presentato nella sua vecchia dimora, dalla quale era stato allontanato per reiterate violenze nei confronti della moglie e dello stesso figlio. Matias era stato accompagnato a casa dopo la scuola da un parente della madre, impegnata al lavoro, che due ore dopo sarebbe tornata a casa, trovandosi davanti al cadavere del suo bambino. Una volta riuscito a farsi aprire la porta dal figlio, Tonkov, avrebbe impugnato un coltello da cucina e ferito a morte il piccolo Matias, forse prima ha assunto qualche sostanza, tanto da cadere svenuto in un’altra stanza, dopo il delitto. A chiamare i soccorsi sono stati i vicini di casa, i quali hanno udito le grida della madre, una volta tornata a casa, nel primo pomeriggio. Colta da malore, la donna è stata portata in ospedale, dove ora è sotto osservazione, sedata. Il 44 enne, a sua volta ricoverato, è piantonato in attesa di essere dimesso.

“Matias aveva solo 10 anni ed ha trovato inspiegabilmente la morte – ha scritto il sindaco di Vetralla sulla pagina Facebook del Comune – una vicenda che ci lascia attoniti e sconvolti, e che in questo momento di inumana comprensione, in attesa che la giustizia terrena faccia il suo corso, ci deve portare alla riflessione, al raccoglimento e alla preghiera”.

La nostra opinione

Vendetta. Questa è l’unica e drammatica plausibile risposta a un agire come questo, da parte di un uomo che ha scelto di punire la donna che ha deciso di lasciarlo, per non subire più violenza e proteggere suo figlio. Un aspetto che non viene tenuto sufficientemente in considerazione e che non trova alcuna barriera, anche a seguito di una denuncia. Il codice rosso non funziona. Lo abbiamo visto e stravisto, eppure nulla ancora si muove. Non c’entra nulla l’amore, non c’entra nulla la “gelosia” che “scatena raptus”, perché l’amore non arma la vendetta e la gelosia, sentimento a cui tutti siamo chiamati a rispondere, non ha radice o colpe nell’altro, ma solo nella nostra incapacità di gestirlo.

Quando una donna denuncia, quando un minore, una persona calata in una posizione di fragilità, denuncia, devono scattare le manette. Subito, immediatamente, non dopo quattro, cinque altre denunce, trascorsi mesi di soprusi e minacce, violenze e paura. La custodia cautelare dovrebbe divenire immediata, per questo tipo di casi. Certo, esistono anche le false denunce, e allora che si applichi lo stesso trattamento per coloro che denunciano falsamente, con multe salatissime, se questo porta il legislatore a “frenare” sulle custodie preventive. Non è più tollerabile apprendere, leggere o scrivere, di vite spezzate dall’incapacità dell’uomo di accettare la parola fine, e dall’incapacità dello Stato di rispondere alla necessità di tutela da parte delle vittime di violenza.

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