Il non rispetto per i numeri primi (condannata professoressa felice dell’omicidio di Mario Cerciello Rega).

Uno in meno e chiaramente con sguardo poco intelligente. Non ne sentiremo la mancanza”.

Queste le parole di una “professoressa“, scritto tra virgolette perché certi titoli dovrebbero accompagnare il peso specifico della persona, ha postato sul gruppo Facebook “Sei di Novara se…”, dopo la morte di Mario Cercello Rega, carabiniere ucciso da due giovani Americani con problemi di droga a Roma. La donna, a processo per vilipendio alle Forze Armate e diffamazione, è stata condannata a otto mesi in abbreviato. Sappiamo bene che non sconterà neppure un giorno di galera, per ottenere la condizionale le basterà pagare ottomila euro alla vedova, Rosa Maria Esilio, e 5 mila al ministero della Difesa.

Peccato che la “professoressa” non trascorrerà neppure un giorno in galera, perché di certo le avrebbe ricordato da che parte stanno i buoni e da quale parte i cattivi. Le avrebbe di sicuro fatto bene.

Siamo tutti curiosi di sapere se tornerà in cattedra, ma io mi auguro di no, perché nessuno studente merita una professoressa che vede nelle forze dell’ordine il nemico, che le dileggia e che non ha rispetto per i morti. La signora forse è abituata a chiedere aiuto allo spacciatore sotto casa, se viene aggredita o le entrano i ladri in casa?

La cosa peggiore di tutte però, è come si è comportata dopo. Non è riuscita neppure ad avere l’umiltà e il coraggio per presentarsi in aula, per accettare la condanna (minima, diciamocelo), per delle parole che per Maria Rosa, travolta dal dolore per la perdita della sua vita, sono state come uno scaracchio sul suo sangue ancora fresco, guardandola in faccia.

È vero che fin quando non si provano certe cose non le si può capire sino in fondo, ma in questo paese anche l’empatia ormai è un raro sono di pochi e sempre più spesso mediato dalla politica. “L’ultimo“, o quello giudicato tale, viene difeso con le unghie e con i denti, se gli viene torto un cappello, e va benissimo (a prescindere che abbia aggredito, rubato, violentato, nessuno se ne preoccupa), i “primi” mai. Quelli che si prendono gli insulti della gente, che se arrivano “sono sempre in ritardo” o “non fanno il loro lavoro”, fa niente se poi gli investimenti dello Stato gli permettono a malapena di arrivare quando arrivano (e queste anche sono scelte politiche), se intervengono sono “sbirri” o “guardie” con relative smorfie, ma guai se uno lo chiami “fattone” con lo stesso tono, e no… Il rispetto…
I primi possono essere insultati, sbeffeggiati, presi a calci e pugni che non devono mai restituire eh, mi raccomando, feriti a colpi di coltello e pistola ma guai se uno di loro per difendere o difendersi osa usare la stessa arma.

I primi, quelli mandati a fare il lavoro più difficile, spesso ad affrontare un popolo arrabbiato o ancora più spesso coloro che sono lì per il solo gusto di farli arrabbiare, presa in mano una bandiera qualunque come scusa, e sfasciare tutto.

Nel nostro paese ai primi viene di gran data meno importanza degli ultimi. Almeno da qualcuno…

Cara signora professoressa, il cui marito ha tentato di assumersi la colpa delle parole scritte finendo a sua volta indagato (poi assolto), il che rende davvero chiaro a tutti che tipo di persona lei sia, le auguriamo una vita lunga e di riflessione, ma tutti dovremmo sperare che sia il più lontano possibile da una cattedra.

Valentina Rigano

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