La lezione dei Maneskin, bilancio 2021

Volendo trarre un frivolo bilancio di costume su questo 2021 che volge al termine, bisogna ammettere che i Maneskin vincono a mani basse. Nessuno come loro ha avuto le luci della ribalta, a suon di premi e di riconoscimenti.

 

Premetto per onestà intellettuale che non mi piacciono.

 

Non mi piace la loro musica, non mi piace il loro modo di essere e di fare. Non mi piacciono neppure i loro vestiti ed i loro travestimenti. Non mi entusiasma per nulla la ricerca di trasgressione, che peraltro trovo anche un po’ banale ormai, l’ostentazione di una presunta fluidità che diventa un rivisitazione in chiave moderna di Renato Zero abbinato a Michael Jackson, in versione rockettara.

Per intenderci, credo che gli artisti che fanno musica, intesi come gente che ha studiato (non che loro non li abbiamo fatto) e che meriti attenzione, sia semplicemente altra.

Ciò detto, va riconosciuto però che questi giovanotti sono la dimostrazione che, volendo, si può, che dimostrando impegno e determinazione, ed anche un po’ di sfacciattagine, si può arrivare in alto.

 

Sono l’incarnazione de “volere è potere”.

 

Dai marciapiedi di Roma sono volati in cima alle classifiche del mondo, hanno aperto concerti di leggende della musica. Se qualcosa dobbiamo imparare da loro, anche e soprattutto per chi fa altro nella vita, é proprio questo: volendolo davvero esiste la possibilità di riuscire.

 

Questo è un passaggio culturale fondamentale da condividere con le nuove generazioni, qualsiasi cosa esse decidano di fare nella vita.

 

Perché mentre “noi” siamo cresciuti con l’oppressione del “bisogna essere tutti uguali”, ovvero tutti mediocri, tutti con il 6 politico, senza mai avanzare e creare diseguaglianza, tutti ordinati e precisi , è bene che i nuovi italiani mettano un po’ di “cazzimm” nella loro vita e facciano vedere al mondo chi sono e chi siamo.

Allora si, evviva i Maneskin, evviva chi ci mette la forza e la passione e riesce ad emergere per capacità e determinazione.

Che l’anno nuovo ci porti, anche se non ci piacciono, dei nuovi protagonisti che portino in alto in nome dell’Italia.

Buon anno, alias Giulio Cesare

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