Naomi Campbell e la maternità che non è adottiva…

“SHE IS NOT ADOPTED, SHE IS MY CHILD” – Naomi Campbell

 

Pensare prima di parlare, le regole delle dieci “p” ben rammentate dall’associazione “Italia Adozioni”, Naomi Campbell (e anche Vogue) se le sono dimenticate. La super modella ha infatti rilasciato un’intervista per parlare della sua maternità, una bellissima storia di successo, attese e sorprese, e che per fugare ogni dubbio sui pettegolezzi circa la nascita della sua bambina ha pensato bene di sottolineare che “non è adottata, è mia figlia”. Queste parole, nere su bianco, sono uno schiaffo al senso i di maternità, alla storia di migliaia di famiglie adottive nel mondo, oltre che una gravissima inesattezza dal punto di vista del concetto di genitorialità. La modella che ha cavalcato gli anni novanta con un piglio indimenticabile, non è estranea ad uscite poco felici, il vero errore qui, imperdonabile, è quello di una testata famosa e prestigiosa come Vogue, che non ha inteso ragionare prima di pubblicare la sua dichiarazione.

Diventare madri è un percorso intimo e complesso, e non è certo il parto che ci rende tali. Sicuramente quella esperienza fisica e psicologica è strepitosa e meravigliosa, ma non è la sola a renderci mamme e papà.

Quelle parole sembrano voler sottolineare quanto la maternità biologica sia di “serie A”, rispetto a quella adottiva o affidataria.

I geni non sono tutto, cara Naomi, seppur nel tuo caso tua figlia sarà probabilmente bellissima come te.

La mia, che fisicamente è completamente diversa da me, combatte ogni giorno la sua diversità rispetto alla mamma, perché mi sente e vede come tale è ciò non potrebbe che rendermi più felice. Anche io vorrei avere avuto il privilegio di portarla in grembo, ma ti dico una cosa, se fosse stato così, non sarebbe lei. Il mio dovere di mamma innamorata dei suoi ricci e della sua pelle ambrata, è quello di aiutarla a riconoscere le nostre enormi somiglianze nelle espressioni del viso, nel sorriso che le illumina gli occhi come quello di suo padre, ma soprattutto nel suo temperamento che, con il nostro esempio, le permetterà di esprimere se stessa e il suo carattere e realizzarsi come persona.

Potrei controbattere a Naomi Campbell e Vogue dicendo che l’adozione sia un percorso molto più consapevole di tante maternità biologiche, che non richiedono la stessa riflessione e gli stessi grandi scogli da affrontare, il diversi rimettere in discussione, come individui e come coppie, ma il punto non è solo questo.

Ogni giorno le star di moda e televisione, le testate patinate, si riempiono bocca e prime pagine di parole importanti, come inclusione, unicità, differenze, ma poi la forse superficialità con cui affrontano quelle stesse tematiche, viene fuori quando si tratta di loro o quando sono certi nomi a esternare pensieri errati e pericolosi, sulle loro pagine.

Quante giovani donne, figlie adorare di “cuore” e non di pancia, avranno letto quelle parole? Naomi e Vogue si sono chiesti che si impatto hanno avuto su di loro?

Per la modella era così importante fare sapere che è riuscita a concepire e partorire in un’età a cui alla maggior parte delle donne non è concesso (buon per lei), da rischiare di spazzare via, con una sola frase, anni di amore e lavoro di tantissime famiglie adottive rispetto alle insicurezze dei loro figli. Vogue glielo ha permesso, un errore imperdonabile.

Io amo mia figlia, mi specchio nei suoi occhi, gioco con i suoi capelli e la ho cresciuta in questi primi suoi anni di vita facendola addormentare sul mio petto, sulla mia pancia, esattamente come qualunque altra madre.

Naomi Campbell e Vogue non hanno alcun diritto di sottolineare alla mia famiglia una differenza che esiste solamente nella mente immatura di chi ha un concetto di maternità obsoleto, ignorante e irrispettoso.

Essere madri significa amare, stare accanto, custodire i propri figli ed accompagnarli alla vita. Il resto sono solo chiacchiere che, però, non dovrebbero finire sulla prima pagina di Vogue.

Ps: SHE IS ADOPTED, SHE IS MY CHILD

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