La Commissione parlamentare di indirizzo e di vigilanza del servizio pubblico radiotelevisivo, ha approvato una risoluzione per un’equilibrata rappresentazione dell’emergenza pandemica da parte del servizio pubblico.
Di fatto, come si leggerà qui di seguito nel documento, è un cambio di indirizzo rispetto alle posizioni fortemente critiche di taluni, rispetto alla campagna di vaccinazione, evidentemente stigmatizzate fino ad oggi. “A quasi due anni dall’inizio della pandemia si sta cominciando finalmente ad analizzare il ruolo dell’informazione e della mediazione della stessa in un periodo di emergenza”, recita il protocollo, “i direttori di importanti testate televisive, private e del Servizio pubblico, hanno aperto la discussione con interventi che rivendicavano il diritto di non dare spazio ai cosiddetti “No Vax” nei propri telegiornali, sul presupposto che non tutte le opinioni sono uguali”. Queste prese di posizione “hanno suscitato polemiche, ma anche originato un dibattito critico soprattutto sulla differenza tra informazione tradizionale e talk show, che invece, anche sulle stesse reti, a quella posizione hanno dato ampio spazio di parola. La visione richiamata, in parte strumentalizzata come potenziale censura nei confronti dei sostenitori di posizioni contrari alla vaccinazione anti Sars-Cov2, chiarisce tuttavia in pieno il momento che stiamo vivendo”. In particolare “ciò mostra come la mediazione giornalistica ed editoriale sia tornata centrale, a discapito dell’illusoria prevalenza della disintermediazione, che voleva imporsi come la nuova realtà dell’informazione, è proprio in questa autorevolezza di filtro che si sostanzia il Servizio pubblico, che non può e non deve censurare nessuna posizione, anche se minoritaria nel Paese, e deve sempre essere imparziale e pluralistico, sapendo dosare e rappresentare in maniera corretta, equilibrata e, soprattutto, contestualizzata, la realtà, dividendo le opinioni dai fatti, i numeri dalle suggestioni, i pareri degli esperti da quelli dei non esperti”.
Applicare “questo filtro con competenza e professionalità è, ad avviso della Commissione, la sfida più importante, ancorché faticosa e difficile, per l’informazione del servizio pubblico italiano”. Il “Servizio pubblico non deve indugiare nella rappresentazione teatrale degli opposti e delle contraddizioni alla ricerca del dato di ascolto, questa logica da Infotainment dovrebbe essere avulsa dalle reti pubbliche in qualunque situazione, ma in particolar modo in una situazione come quella di emergenza pandemica”. La risoluzione prosegue: “il Servizio pubblico è chiamato a marcare la propria differenza rispetto alle altre realtà e deve comportarsi con un senso di responsabilità di alto profilo soprattutto in questa fase, perché proprio in questa diversità risiede il presupposto della sua esistenza e del suo finanziamento da parte dei cittadini”.
Il fenomeno della disinformazione “che rappresenta certamente un pericolo per la democrazia della comunicazione, può addirittura diventare ‘letale’ quando investe il tema della salute: anche per questo il Servizio pubblico deve garantire sempre la veridicità, la correttezza dell’informazione e la rigorosa selezione delle fonti”. Pertanto, la Commissione ha inviato “la società concessionaria del Servizio pubblico radiotelevisivo a rappresentare la realtà, nel contesto dell’emergenza pandemica in atto, in maniera corretta, equilibrata e contestualizzata, partendo sempre dai fatti e dai dati per come essi sono condivisi e interpretati dalla comunità scientifica, intesa come l’insieme dei professionisti che condividono il metodo scientifico, soprattutto per quanto attiene ai vaccini e alle cure anti-covid”.
A “non censurare nessuna posizione, nel rispetto dell’imparzialità e del pluralismo, previa valutazione delle fonti, tenendo sempre presente il principio della responsabilità verso la salute pubblica e le conseguenze sulle scelte dei cittadini di quanto veicolato dal servizio pubblico”. A “dividere le opinioni dai fatti, i numeri dalle suggestioni, i pareri degli esperti medico-scientifici da quelli dei non esperti e degli opinionisti, informando esattamente il pubblico sulle qualifiche degli ospiti”. A non “favorire la rappresentazione teatrale degli opposti e delle contraddizioni alla ricerca del solo dato di ascolto”. A “collocare il confronto tra opinioni divergenti in materia di politica sanitaria all’interno delle sole trasmissioni di informazione”, a “contrastare il fenomeno della disinformazione, garantendo sempre la veridicità dell’informazione e la rigorosa selezione delle fonti, evitando qualsiasi discriminazione e, all’interno dei programmi televisivi, ad assicurare l’equilibrio corretto delle posizioni esposte”, e ad “assicurare e vigilare sulla corretta rappresentazione delle posizioni esposte nei programmi televisivi evitando qualsiasi discriminazione anche nei metodi di conduzione”.
LA MIA OPINIONE
Nel mio piccolo, in due anni di pandemia, ho lottato con ogni forza per dare voce a posizioni diverse da quelle suggerite con un certo taglio dal “mainstream”, e anche diverse dalle mie, proprio partendo dal presupposto che l’informazione debba raccogliere e raccontare con onestà intellettuale e senza filtri, le opinioni di tutti. Questo è divenuto vera e propria battaglia al fianco del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, quando si è reso necessario per veicolare la volontà di migliaia di medici di approcciare alla cura del Covid con tempestività. Il Comitato, su iniziativa dell’avvocato Erich Grimaldi, ha organizzato diversi presidi fuori dalle sedi Rai, a giugno del 2021, proprio per protestare per la mancanza di pluralità nell’informazione da parte del servizio pubblico. L’allora presidente Rai Foa, si è dimostrato molto disponibile nel recepire le istanze rappresentate dalle Cure Domiciliari, purtroppo poi nuovamente negate da chi ha preso il suo posto. Diverse le lettere inviate in due anni a telegiornali e tv pubbliche, per chiedere approfondimenti, rimaste richieste disattese.
La pluralità dell’informazione deve essere una garanzia per i cittadini, che devono essere messi in condizione di ascoltare diverse posizioni, criticarle o sposarle, comprenderne la natura e le motivazioni. Informare non è fare opinione, perché la seconda va veicolata in totale trasparenza, come cerco di fare io con questo magazine: rendo chiara quale sia la mia posizione.
Il 22 febbraio abbiamo presentato a Roma, a palazzo Ferrajoli, il movimento UCDL, un movimento politicamente trasversale che ha come obbiettivo il “tridente” sanità-giustizia-fisco. Nel mio discorso iniziale ho parlato proprio dell’importanza dell’informazione, della necessaria imparzialità che serve per restituire alle persone la giusta prospettiva, ovvero quella priva di opinioni personali, opportunismi o interessi di bandiera.
Siamo quindi contenti di leggere di questa presa di coscienza da parte della Commissione Rai, che in parte reputiamo anche un nostro risultato, e ci auguriamo che alle parole seguano i fatti.
Valentina Rigano