I boss per Il Fatto Quotidiano sono “grandi”? Schiaffo alle vittime di mafia.

“I grandi boss”, con i volti dei criminali sulla copertina, sbattuti in faccia alle vittime di mafia. Questo il titolo scelto dal Fatto Quotidiano per una collana che racconta, come recita la pubblicità, le vicende dei grandi boss della malavita organizzata. Grandi? E dove sarebbe la loro grandezza? Nel 2022 siamo costretti, ancora una volta, a sopportare definizioni lusinghiere, palcoscenici dati con termini distorti a criminali efferati che hanno ammazzato centinaia di persone. È indubbio che parlare di mafia serva, che ricordare le stragi sia un dovere, che conoscere i modi subdoli degli assassini mafiosi sia storia del nostro paese sia imprescindibile, così come sono indubbie le firme scelte per questo progetto, quelle di chi quegli anni li ha vissuti. Il problema è il taglio dato al progetto da chi lo ha concepito.

Definire “grandi” i boss mafiosi, dare loro una sorta di aurea di magnificenza, con tanto di fotografie sulla prima pagina dei volumi, è uno schiaffo in pieno volto alle famiglie delle vittime di mafia, servitori dello Stato che hanno sacrificato la vita in nome della lotta alla mafia, per la giustizia, per i deboli e per quei territori dove le mafie sono proliferate e proliferano ancora oggi.

Sarebbe stato un bel colpo usare la parola grandi tra virgolette, con foto di topi di fogna, degli arresti, delle stragi che hanno fatto, per la copertina. Allora sì, il messaggio sarebbe stato corretto.

Ancora oggi viviamo nel paese dove a definire il risarcimento delle vittime di mafia, secondo la legge, sono i criminali che hanno ucciso i servitori dello Stato. Già, se un poliziotto viene ucciso da un ladro la sua famiglia avrà un risarcimento più basso della vittima di un mafioso. È questa mentalità che da importanza al criminale che non ci permette di andare oltre, di iniziare a definire la storia parlando nel modo corretto dei malavitosi e degli assassini, dando risalto a chi si è opposto a loro, a chi li ha combattuti, che abbia indossato una divisa o meno.

Oggi uscirà il primo libro di questa collana, dove la foto di Totò Riina con sulla testa “I grandi Boss”, toglierà il sonno alla famiglia di mio marito, che ancora oggi dopo oltre 30 anni piange il Capitano Mario D’Aleo, un eroe, un giovane ufficiale che ha dato la caccia a quel boss quando stava scalando la vetta al potere e per questo è stato trucidato insieme ad altri due collaboratori, e per il cui assassinio sono stati condannati Riina e Brusca. Non sarà affatto la sola famiglia, sono tante, troppe le famiglie che piangono ancora oggi persone care strappate via dalla furia malavitosa, e che non si meritano di vedere in libreria degli assassini definiti “grandi”.

Questa campagna comunicativa è oltraggiosa, mi auguro che chi di dovere lo faccia notare. Fin quando non cambieremo con coraggio l’approccio alla storia della mafia, fin quando daremo vesti immeritate a chi la malavita l’ha incarnata in tutto il suo essere, questo paese non riuscirà mai a combatterla davvero.

Valentina Rigano

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