Isolato a scuola perché troppo intelligente, storia di invidie italiane

Troppo intelligente, isolato da compagni di scuola e professori, bullizzato, fino a lasciare la scuola. È la storia di Matteo Fabbri, 24 enne di Ferrara, oggi dottorando con due lauree e un master, e dei tanti come lui che spiccano, magari per diversi motivi, rispetto agli altri.

“In classe sei schiacciato dall’uniformità, ma gli studenti non sono tutti uguali, c’è chi fa fatica e chi come me vuole accelerare. La didattica dovrebbe essere personalizzata”, ha detto Matteo a La Repubblica, spiegando di aver abbandonato il liceo classico alla fine del terzo anno e di aver concluso gli studi da privatista.

Ha raccontato di aver vissuto con interessi diversi dai suoi compagni, e di essere stato per questo isolato, maltrattato dai professori che lo hanno definito “un giudice tagliente e implacabile” perché a volte correggeva anche loro. Forse era il suo modo di difendersi, viene da pensare.

In questo Paese quando eccelli, quando ti distingui, sei un problema. Matteo però non ha mollato, e oggi é impegnato in un dottorato in Cyber Security, dopo essersi laureato prima in Filosofia a Bologna, e aver contemporaneamente conseguito la magistrale alla Normale di Pisa e un Master of Science in Social Science of the Internet a Oxford. Forse i suoi professori dovrebbero vergognarsi

 

Il sistema scolastico italiano non funziona, e ne abbiamo parlato proprio in queste ore su Coraggiosamente, ma é soprattutto il sistema valoriale, emozionale, che vacilla nella nostra cultura. Chi può dare di più, chi ha le caratteristiche del leader, della punta di diamante, dovrebbe essere sostenuto da una rete di persone pronte a crescere con lui/lei, a spronarlo, a fare il tifo… E invece no. Prevale l’invidia, la voglia di schiacciare chi é più bravo o percepiamo migliore di noi. 

Ci sono persone che nascono per dare e altre che nascono per prendere… Lo diceva mia nonna, e io le credevo, lei era convinta che questo fosse un dono/peso che ad alcuni toccasse portare. Lei era parte meravigliosa, perla rara, di coloro che danno. Non era vero però, non del tutto. Ci sono persone che danno al prossimo sì, perché sono di cuore, empatiche, protese all’altro, e poi chi prende sì, persone egoiste, opportuniste e che sanno solamente pretendere. Non è però un destino segnato, dubito sia esclusivamente perché ci si nasce, le teorie sociologiche, psicologiche, dicono molto a riguardo …

 

Molto dipende dall’infanzia, dai genitori, dai modelli, dal periodo storico… Poi però si cresce, si capisce e si sceglie se vedere nel prossimo un alleato, un modello di ispirazione, un punto di riferimento, un compagno di squadra, una persona che ha bisogno di noi, oppure un “nemico”, una persona da tenere a distanza, da invidiare, da mettere in difficoltà, da sminuire.

Quando si cresce questa è una scelta. Innata? Forse, chissà, io sono convinta che le persone cattive esistano, ma la maggior parte sceglie la seconda strada perché è più facile. È più semplice incolpare il prossimo della nostra infelicità, che scavare dentro di noi per trovarne l’origine. È più facile accusare “gli altri” di non capire, di non saper aiutare, piuttosto che apprezzare ogni sforzo di propensione da parte del prossimo verso di noi, e respingerlo. È molto più facile denigrare e umiliare che chiaramente è migliore di noi, più intelligente o avvenente, o performante, che fare i conti con le nostre lacune e tentare di migliorare.

Anche nelle relazioni è così… Quante canzoni si basano su costrutti errati di rapporti sbilanciati, dove uno scappa e l’altro insegue, dove si tratta male per ottenere amore, dove la freddezza richiamerebbe il calore dell’altro. Non é così. Chi vive relazioni malsane è spinto da ricordi di rapporti familiari malsani, di madri e padri assenti o iper presenti ma nel modo errato, accentratori, egoisti, emotivamente ricattanti, che si tratti di relazioni amorose o familiari.

Chiudere i rapporti tossici è la soluzione, allontanarsi emotivamente (quando non fisicamente) e guarire per se stessi, perché quando non c’è modo di affrontare e dialogare in una situazione, bisogna avere il coraggio di abbandonare il campo e pensare a sé stessi.

Matteo farà grandi cose, chi non lo ha sostenuto? Chissà…

Valentina Rigano

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