La scuola migliora se accoglie la tecnologia (e i telefonini in classe)

Aumentare gli stipendi degli insegnanti a scuola legandoli al miglioramento del rendimento scolastico dei propri studenti.



È un ingaggio ipotetico che potrebbe essere fornito da un utilizzo nuovo della tecnologia e nel più ampio campo di un’educazione digitale che rinnovi la scuola. 
Ne hanno parlato a Milano, tra gli altri,  in una tavola rotonda appositamente dedicata, Maria Dimita dell’associazione Laribinto che si dedica ai ragazzi che soffrono di dislessia, Elisabetta Kriste di ‘T con 0’ ente di formazione accreditato in Regione Lombardia, Alessandro De Felice di ‘Spin Off ‘, anch’esso ente d’imprese accreditato in Regione, Andrea Arnaldi, massimo esperto di e – sport e  Massimo De Donno uno più importanti formatori italiani all’apprendimento

Dal dibattito è emerso prima di tutto – ha detto la dott.ssa Dimita – che a scuola gli studenti sono spesso lasciati soli, isolati, soprattutto quando l’uso del voto serve a determinare una preparazione scolastica che si riverbera sul piano umano, facendo di molti ragazzi degli infelici, perché colpiti nella loro identità, in caso di voto negativo o non rispondente alle loro aspettative, al punto d’ indurre sempre più ragazzi ad abbandonare gli studi.

A queste considerazioni si sono aggiunte quelle del Dott.De donno – Ad di Genio net – secondo cui “in una società nativo digitale come quella scolastica, bisogna affrontare il tema dell’abbandono scolastico provocato dal sistema dei voti, che dovrebbe essere superata dalla cultura del gaming”.

È infatti possibile superare la cultura della sopravvivenza a scuola, ovvero dello studiare per non essere bocciati, trasformandone la presenza in uno stimolo  di felicità ad apprendere con divertimento, facendo della scuola stessa non un luogo del giudizio, ma della formazione, della partecipazione reale alla formazione di una coscienza culturale, sociale e politica. Questo cambiamento passa attraverso il superamento di due paradigmi oggi interpretati come dogmi: il voto come punizione, per addomesticare alla frustrazione; e l’uso del cellulare come risorsa per formare e non come distrazione.

Coniugando infatti l’uso del device in classe e a casa, è emerso dal dibattito,  attraverso l’ausilio di App, il telefonino (o  i-pad)  può diventare la cartina di tornasole per far innamorare dello studio i ragazzi. Se nell’apprendimento di una materia infatti, si consentisse di imparare ogni parte di un capitolo, impedendo di lasciare lacune cognitive su una determinata area, si potrebbe evitare di far trascinare le lacune anche negli anni successivi. Tutto questo si può fare, se i ragazzi fossero messi nelle condizioni di apprendere attraverso il gioco, come avviene nei videogiochi. Non si passa ad un livello superiore (livello 2) fino a quando il primo non sia pienamente completato.

Lo stimolo al superamento del livello, sganciato da un giudizio che  finisce con il pesare sull’identità, consentirebbe da un lato di divertire lo studente e dall’altro di liberarlo dal ‘peso’ dello studio mutandolo nel desiderio di apprendere con facilità. Tecniche affinate – ha detto ancora De Donno – dopo anni di ricerche, cui ha contribuito da protagonista il CNR che sulle modalità di come apprende la mente lavora ormai da vent’anni.

“Invece, conclusa l’emergenza pandemica, gli stessi bandi che si occupano di finanziare la ricerca stanno tornando a chiedere la formazione in presenza, anziché capire il valore del lavoro frontale ma da remoto”, ha aggiunto Elisabetta Kriste.

Lavorando infatti con la tecnologia come compagna e non come nemica, è possibile acquisire dati e informazioni elaborandoli nel volgere di pochi minuti e poi testandoli con altrettanta rapidità. Con un guadagno di tempo per gli insegnanti e gli studenti e consentendo a chi tiene un’aula di poter verificare i miglioramenti dei propri studenti, legando all’integrazione del profitto un surplus salariale.

Una strategia win -win sentenzia Andrea Arnaldi, convinto che lo stimolo a migliorarsi appartenga proprio alla cultura dello sport che il gaming sollecita e favorirebbe poi le imprese anche nel lavoro sulle soft skills, troppo spesso tralasciate nella formazione all’inserimento. Tesi condivisa da De Donno che accanto alla scuola di formazione ne ha creata una appositamente dedicata alle Soft Skills. Una vera e propria accademia che lega allo studio, l’nserimento nel mercato del lavoro.

La scuola può cambiare insomma se accettiamo di usare gli strumenti di cui siamo dotati, senza averne paura. Offrendo opportunità anziché continue restrizioni.

Di Max Rigano

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