Gestione pandemia: chiuse indagini a Bergamo, indagati Speranza e Conte

Gestione emergenza pandemica, piano nazionale e zona rossa a Bergamo: indagati gli ex ministri della salute Roberto Speranza, Giulia Grillo e Beatrice Lorenzin per l’omessa istituzione o rinnovo del comitato nazionale per la pandemia. Indagini della Procura di Bergamo (poi alcuni atti passeranno a quella di Brescia), sulla gestione dell’emergenza nei primi due mesi per quanto riguarda la mancata tempestiva zona rossa in Lombardia, e per il mancato aggiornamento del piano pandemico. Gli avvisi di garanzia potrebbero scattare nelle prossime ore per Conte, Speranza, Fontana e Gallera.  Secondo i magistrati, per iniziare, se fosse stata “estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020”, scrive inoltre la Procura di Bergamo in un’imputazione per epidemia colposa di cui risponde anche l’ex premier Giuseppe Conte, la cui posizione è stata trasmessa, però, al Tribunale dei ministri, si sarebbero potute evitare molte morti. Secondo i magistrati vi sono due casi: quello della mancata istituzione della zona rossa in Lombardia e il mancato aggiornamento e attuazione del Piano Pandemico, a livello nazionale e di riflesso regionale. Tra gli indagati per omissione di atti di ufficio, oltre ai dirigenti ministeriali Ruocco e Maraglino anche l’ex Oms Ranieri Guerra che a Bergamo è anche indagato per false informazioni ai pm.

La mia opinione

A guidare il pool di magistrati è il procuratore aggiunto Maria Cristina Rotaalla quale scrissi personalmente per comunicare un anno di lavoro giornalistico nel luglio del 2021, indicando inchieste e documenti, oltre a quelli raccolti e poi inviati con un esposto dai medici delle terapie domiciliari. Finalmente se ci sono state responsabilità qualcuno ne dovrà rispondere.
Questo significa che il lavoro di quei giornalisti che non hanno mai mollato, che hanno sempre voluto fare capire che qualcosa non sia stato gestito come avrebbe dovuto, non è stato vano. Io ci ho sempre creduto e ho passato mesi a lottare con indifferenza, ilarità, porte chiuse, nonostante sarebbe bastato approfondire, ascoltare, fin da subito. Non sono stata la sola, anche se siamo stati davvero pochi, e soprattutto ho avuto meno “voce” di altri perché non ho la potenza di un network televisivo alle spalle, ma non ha importanza, l’importante è portare a galla la verità. E io ho documentato tutti gli incontri rifiutati, i colloqui vissuti come un fastidio quando centinaia di medici volevano dare una mano, richieste di studi, di protocolli di cura precoce, rifiutati per quasi due anni. Per questo voglio dire grazie a Sigfrido Ranucci e alla squadra di Report, tra i pochi che hanno sempre ascoltato con disponibilità, e che hanno lavorato duramente a diverse inchieste, che hanno avuto invece la giusta risonanza. Tanti altri colleghi, che conosco da anni, non hanno fatto lo stesso. Come andrà a finire? Non lo so, ma so che ho fatto il mio dovere, ho lavorato perché qualcuno indagasse, questo era il mio compito.
Per chi volesse leggere tutta la storia