La vicenda, drammatica oltre ogni immaginazione, la cronaca e le sue esplicazioni. Esiste un limite o ormai ci siamo assuefatti al dolore, tanto da desiderarne sempre di più?
Ho letto diversi articoli, in questi ultimi due giorni, su come questa storia sia stata trattata, dai giornali ma soprattutto nelle trasmissioni televisive, nei talk show. Critiche legittime, rispetto alle esternazioni di alcuni conduttori, alle interviste dei protagonisti (loro malgrado), di questa atroce vicenda. Si parla addirittura di “pornografia” del dolore, per le lacrime riprese con il grandangolo, la ricerca del particolare morboso a tutti i costi, i commenti in diretta tv.
Analisi sulle quali sono perfettamente d’accordo, ma sfugge un passaggio fondamentale. Per chi di noi questo mestiere lo svolge da anni, il cambiamento degli approcci è lampante. Questo caso, in 20 anni di carriera, è credo il peggiore, più difficile, sotto ogni punto di vista, soprattutto emotivo, che io abbia mai dovuto affrontare. Sono una di quelle croniste che non va dai genitori di chi non c’è più a chiedere “come si sente? Vuole dire qualcosa?”, perché lo reputo irrispettoso e inutile, non lo ho mai fatto, neppure a 20 anni. È capitato, forse proprio per questo motivo, che a volte i genitori di una vittima mi chiamassero per parlare. Per il mio approccio però, a inizio carriera sono stata ripresa più volte, “perché gli altri hanno le interviste“, hanno “il pathos”… Questo perché chi legge lo cerca, quel pianto, quella disperazione, quella foto o quell’intervista. Ho discusso con fotografi che si sono spinti troppo vicini ai feretri, per immortalare lacrime, mani sulle bare, strappando il confine tra diritto di cronaca e rispetto. Ma se queste foto, queste interviste, vengono richieste, è perché qualcuno le legge, le guarda, le cerca. Qui parte la pressione nelle redazioni, e ai giornalisti si chiede sempre di più e ancora di più. C’è chi si pone dei limiti, chi ha l’età e l’esperienza per farlo, chi può “permetterselo“, ma ci sono anche giovani all’inizio della carriera che non hanno questa forza, a cui viene detto che è così che si “arriva” e poi sì, ci sono anche quelli che se ne fregano, va detto.
Però, per poter cambiare le cose, facciamoci tutti un esame di coscienza, perché sì alcuni giornalisti superano il confine, ma sono i lettori a dettare cosa viene letto o guardato di più.
Facciamo tutti un passo indietro.
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