“Ragazzi madre – l’Iliade”, il docufilm poema epico sulla vita di Achille Lauro

La leggerezza del peso specifico. Se dovessi descrivere Achille Lauro, è questa la definizione che utilizzerei. Camaleontico, iconico senza mai trascendere, oggi ho conosciuto un artista che lascia il segno. Ho partecipato all’anteprima stampa del suo docufilm, “Ragazzi madre – l’Iliade”, 75 minuti di strappi, lacrime, fame, paura e riscatto, dal quale la sua figura di cantautore rinasce come una fenice.

È la sua storia di musicista, di artista, di quelle che ti ricordano quanto passione e talento vincano sul serio contro tutto e tutti, quando sei determinato. Sì, perché Lauro non è l’acciaio della determinazione, ma il cesello che lo modella, è oltre. A tredici anni ha seguito suo fratello andandosene di casa, da una famiglia che sulla carta avrebbe avuto molto da offrire, ma di cui lui non vuole parlare. “Se te ne vai di casa a 13 anni però un motivo ci sarà”, ha tagliato corto. Di quei suoi primi anni fuori, a Roma, tra i palazzoni scalcinati, nel docufilm ci sono una serie di psichedelici frammenti, tante voci, immagini forti, sufficienti a restituire quello che lui racconta in poche ma significative parole: “tra quelle mura c’erano pregiudicati 50 enni che somigliavano a qualcosa che fosse un padre”, mentre tra di loro i giovanissimi, si crescevano da soli, facendosi vicendevolmente da “ragazzi madre”.

Nonostante la fatica, i mesi bui in mezzo ai “bambini con il cordone ombelicale ancora attaccato” perché nutrano i “padri” delinquenti nei palazzoni, Lauro racconta la sua ascesa. “Ho una visione tutta mia della vita – ha dichiarato parlando delle cadute lungo il percorso – il fallimento è alla base di tutto, cosa a cui i ragazzi italiani non sono più abituati rispetto ad altri Paesi.

Poi il racconto decolla, dalle prime strofe scritte nel silenzio di chi lo vedeva giovane e non immaginava che quel viso dolce, con gli occhi azzurri incorniciati da capelli biondi, sarebbe divenuto un’icona di amore, musica, coraggio e inclusione, che abbiamo visto brillare sul palco di Sanremo. E proprio quel volto di ragazzino con i capelli chiari che diventano bluette e rosa, e i tatuaggi che si aggiungono uno dopo l’altro su quello stesso viso, diventa la tela su cui dipingere la narrazione della sua storia artistica.

Accarezza le donne con il rispetto Anchille Lauro, prendendo le distanze da quella misoginia e violenza che spesso connota certi ambianti artistici e musicali, senza neppure il bisogno di dirlo. Oggi, raggiunta la fama, dopo aver rappresentato la musica italiana all’Onu, non ha dimenticato da dove è partito, e sta vicino ai giovani, nelle case famiglia, nelle associazioni.

Dagli studi senza riscaldamento, il fratello e la crew che lo ha affiancato nel suo exploit, il docufilm trasporta tutti in quella euforia che racconta la vita di chi ce l’ha fatta, ma non senza cadute e sacrifici. Dove molti avrebbero e probabilmente hanno mollato, Lauro ha resistito, dando una grande lezione di vita. Dove tanti si sarebbero lasciati fagocitare dal buio all’ombra di quegli stessi palazzoni, fatti di delinquenza, perdizione e soldi facili, lui ha fatto una scelta: ha scelto la musica. E ha vinto.

Alle 24 di oggi quindi, tutti su Amazon Prime, per scoprire questo giovane uomo, per quanto mi riguarda uno dei volti più tatuati e puliti della musica italiana, e uomo come ce ne vorrebbero tanti di più.

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